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Cultura

“La Gloria e la prova” Totò Cascio racconta la sua ripartenza

di Redazione -





di FRANCESCA GALLO
“Non è retorica, ma sono davvero molto legato a Sciacca”. Inizia così Salvatore Cascio, l’indimenticabile Totò “picciriddu” che vivace e curioso si muoveva da protagonista sulle scene di “Nuovo Cinema Paradiso”, l’incontro con la platea di studenti del Liceo Classico Tommaso Fazello, occasione per presentare il suo libro “La gloria e la prova”, edito da Baldini-Castoldi. Un viaggio nella vita dell’autore, dal bambino timido che era, alla grande opportunità che il destino, o forse il caso, gli aveva offerto con la partecipazione al film di Giuseppe Tornatore, intramontabile capolavoro dell’arte cinematografica italiana. Un Totò Cascio emozionato ripercorre i ricordi della sua infanzia, il momento in cui quella straordinaria avventura gli cambia per sempre la vita. “Avevo 8 anni – ricorda – frequentavo la terza elementare ed ero timidissimo. La selezione avvenne in modo del tutto casuale. Quel giorno a scuola arrivò il fotografo di scena, che noi bambini scambiammo per personale medico, con tanto di borsoni al seguito, stracolmi – pensavamo – di medicinali e siringhe. Contenevano, invece, macchine fotografiche e tutto l’occorrente per i provini”. Era il periodo dei vaccini e la paura delle punture spinse il piccolo Totò a nascondersi in bagno. Si doveva selezionare la figura del tipico bambino siciliano, minuto, dai colori mediterranei. La ricerca, però, non era andata a buon fine, tutti vennero scartati. Fu allora che la maestra si accorse che tra gli alunni mancava proprio lui, Totò. Lo fece cercare, la troupe lo fotografò, ma anche lui venne scartato per il semplice fatto che portava gli occhiali. Tornatore, però, vide oltre e l’indomani inviò nuovamente i suoi operatori a scuola per un’altra fotografia al piccolo Totò, questa volta senza occhiali. Andò bene! “Mi adeguai molto presto alla mia nuova veste di attore e nel giro di qualche settimana mi sentivo già un piccolo Marlon Brando – ironizza – ma avevo un grande maestro di vita accanto, “Peppuccio” – lo chiama parlando di Giuseppe Tornatore – pronto a riportarmi con i piedi per terra”. Era il 1988 e i ricordi di quel periodo restano per Totò Cascio fortemente radicati in questa terra di Sicilia, in particolare, a Palazzo Adriano e a Chiusa Sclafani. Il primo, suo paese natale e di cui è originaria la sua amatissima mamma; il secondo, dove è nato il padre e dove ha vissuto lui e vive tuttora, seppur saltuariamente. Piccole realtà, dove il tempo, si dice, trascorre velocemente, ma da cui, chi sogna di fare carriera, e non soltanto il cinema come nel caso di Totò Cascio, è costretto ad andare via, alimentando quel dilagante fenomeno che è lo spopolamento. Luoghi dove oggi Totò Cascio ritorna volentieri a ritrovare la gente che aveva lasciato. Ricorda come tutta Palazzo Adriano venne coinvolta nelle riprese di Nuovo Cinema Paradiso, pellicola con cui Tornatore, da lì a qualche anno, avrebbe vinto anche il Premio Oscar come miglior film straniero. Un’opera cinematografica straordinaria, capace di far sognare il pubblico sulle note dell’intramontabile colonna sonora composta dal maestro Ennio Morricone. Per Totò Cascio era l’inizio di una carriera di successo che, dopo quel film, lo portò a partecipare a “Stanno tutti bene” con Marcello Mastroianni e a lavorare con registi come Pupi Avati e Duccio Tessari, fino al 1999, per poi uscire di scena. L’idea del libro “La gloria e la prova”, scritto a quattro mani con Giorgio De Martino, nasce in seguito alla malattia agli occhi che ha messo a dura prova l’attore: una retinite pigmentosa con edema maculare che gli ha provocato una perdita progressiva, irreversibile e quasi totale della vista, facendolo rinunciare a quella che era già una carriera promettente. “Sono stati anni difficili, non accettavo la malattia – dichiara – mi ritirai preferendo non dire la verità, piuttosto, lasciando credere che il cinema si era dimenticato di me”. Ed è così che nella sua mente si fa spazio un pensiero frequente: la gloria e la prova. “Il buon Dio mi ha dato la gloria e sono stato bravo ad accoglierla – dice oggi portando la sua testimonianza tra i giovani – ma è nella prova che si misura la vera forza di un uomo. E io nella mia prova mi nascondevo, fino a quando non decisi di condividere il mio problema”. “Quella condivisione che rimane l’unica strada da percorrere quando si vive una malattia o un periodo difficile. Ricordatevi – dice Totò Cascio rivolgendosi ai ragazzi – che l’unico modo per non sentirsi da soli è trovare il coraggio di chiedere aiuto, perché c’è sempre qualcuno pronto ad aiutarci”. Lì Totò Cascio ha capito che anche la sua prova doveva diventare la sua gloria e adesso la malattia è il suo valore aggiunto: è tornato a fare cinema, a recitare, quello che lo diverte di più. “Le prove, le malattie, le difficoltà non ci devono impedire di vivere”. Questo il messaggio che Totò Cascio oggi porta in giro nelle scuole e rivolgendosi alle platee di studenti dice: “Chiedere aiuto non è un atto di vergogna. Io ho toccato il fondo, ho chiesto aiuto e sono ripartito. Io che per anni ho vissuto la mia retinite pigmentosa come se fosse la mia condanna a vita, con consapevolezza sono riuscito a trasformarla in condizione di cambiamento”. Un messaggio straordinario racchiuso nel sottotitolo dato al volume, “Il mio nuovo Cinema Paradiso 2.0”, a indicare la “ripartenza”, il riscatto di un uomo che aveva deciso di chiudersi in se stesso, col suo fardello di sofferenza. “Il mondo del cinema non si era dimenticato di me, ero io che mi ero dimenticato di me stesso, allontanandomi da tutto e tutti. Inventavo scuse, mettevo un muro tra me e l’interlocutore che voleva aiutarmi. Volontariamente ho deciso di fermarmi e volontariamente e consapevolmente ritorno. Interagire con persone colpite dallo stesso problema alla vista è stato determinante, non mi ha fatto sentire più solo e mi ha aiutato a capire che la vita è straordinaria, è imprevedibile, a volte non la possiamo controllare, ma è bella anche per questo”. Totò Cascio adesso parla con coraggio del suo vissuto, affinchè sia da esempio e ai giovani dice, “mai arrendersi”. Non ha una ricetta, un modello di regole da divulgare, ognuno ha bisogno del proprio viaggio, del proprio percorso, delle proprie lacrime, di cadere in basso, di toccare il fondo, ma l’importante è rialzarsi. “Ho capito che le testimonianze, quelle vere, possono aiutare a riprendere in mano la propria vita e a ripartire per dare il meglio. Io ci credo e se con la mia esperienza posso essere da esempio per chi ha bisogno di ricominciare, allora, ho raggiunto il mio obiettivo, perché questa è la mia mission: trasmettere fiducia in se stessi, anche e soprattutto nelle difficoltà”.