Miccichè: il futuro della Sicilia tra Autonomia, Ponte e la crisi di Forza Italia
Un’intervista a Gianfranco Miccichè, un mese dopo il suo ingresso nel gruppo Mpa all’Ars, sullo scenario politico in cui l’attività parlamentare riprende dopo la pausa estiva.
La scelta. Dal gruppo misto ad un partito del governo Schifani. Il rapporto personale con Raffaele Lombardo. Il clima politico.
«Alle prossime elezioni mancano ancora tre anni. Tra stare da solo nel gruppo misto, che non ha identità, e stare con Raffaele Lombardo, che considero una persona politicamente attrezzata, la scelta è stata facile. Raffaele è sempre stato leale e intelligente. Quando mi ha chiesto “Perché non stiamo insieme?”, non ho esitato. In futuro vedremo come si evolverà il nostro rapporto: se entrerò nell’MPA, se creeremo una nuova sigla o uniremo le nostre forze. In questo mese di collaborazione abbiamo fatto molte cose insieme, e credo che lui sia soddisfatto. Su quasi tutti gli argomenti siamo d’accordo, compresi temi rilevanti per il governo regionale, come la sanità.
Ho 70 anni, faccio politica da tanto tempo, e il mio curriculum è talmente pieno che non c’è più spazio per aggiungere altro. Non ho bisogno di costruire nulla per me stesso. Quello che voglio è usare l’esperienza che ho maturato per cercare di evitare che si creino situazioni imbarazzanti per il Paese.
Fino a poco tempo fa, il centrodestra ha mantenuto una certa coerenza, in buona parte grazie a Berlusconi, ma vedo segnali preoccupanti. Mi pare ci sia un arretramento culturale nella destra, un ritorno a posizioni pre-Fiuggi. Non va mai dimenticata l’importanza della svolta politica italiana impressa dal Congresso di Fiuggi del 1995, quando Gianfranco Fini guidò la nascita di una destra democratica, liberale e moderata, che si distanziava completamente dal fascismo.
Sono un grande sostenitore dei diritti civili, credo siano una questione di coscienza, non di partito. Il governo nazionale mi preoccupa su alcuni temi sensibili come carceri e crimini minori. C’è consenso su certe posizioni che mi lasciano perplesso. In Fratelli d’Italia sembra esserci un ritorno all’MSI più che ad Alleanza Nazionale. Fratelli d’Italia ha deciso di prendere in mano tutti gli assessorati alla cultura in Italia. Ma con quale scopo? Per tornare indietro, al passato? Questo mi preoccupa moltissimo.
Mi preoccupa molto anche Forza Italia, che sembra essere tornata indietro. Giovedì scorso hanno votato una serie di provvedimenti che indicano un cambiamento di rotta rispetto al loro precedente atteggiamento, che era più responsabile, moderato e serio su certi temi (il riferimento è al ddl Sicurezza e allo Ius Scholae, la norma che prevede di riconoscere la cittadinanza ai minori figli degli stranieri al termine di un ciclo scolastico di 10 anni, fin qui fortemente sostenuta da Fi e che invece è stato bocciato anche con il voto contrario del gruppo azzurro, alla Camera, NdR). Mi è sembrato quindi di notare un passo indietro anche da parte loro. Personalmente, non mi trovo a mio agio con questo centrodestra. E, francamente, non mi riconosco più neanche in questa Forza Italia quando considera le carceri come la soluzione ai problemi dell’umanità e promuove risoluzioni contro il linguaggio gender nelle scuole. Raffaele Lombardo e l’MPA, al contrario, sono sempre stati autonomi, non subordinati alle logiche nazionali, e questo è fondamentale in un contesto in cui vediamo un arretramento culturale rispetto a Fiuggi”.
La politica regionale sulla sanità: pubblica e privata, l’esempio del Giglio di Cefalù.
“Sono sempre stato favorevole alla sanità privata. Avendo lavorato nel marketing per tutta la vita, ho sempre confrontato i costi della sanità privata rispetto a quella pubblica. Durante la passata legislatura dicevo a Musumeci e a Razza: se alla Regione un intervento in un ospedale pubblico costa 100 e in uno privato costa 20, perché non incentivare il privato? Ci guadagna anche il pubblico, e soprattutto si favorisce la salute del cittadino, offrendo una struttura sanitaria che funziona meglio per i siciliani. Certo, se si dà troppo al privato a discapito del pubblico è un’altra questione. Ma se si ragiona in modo equilibrato, la sanità privata è fondamentale. In gran parte del mondo, circa l’80%, la sanità è prevalentemente privata. Tuttavia, siamo in Italia, un Paese profondamente democratico, dove non può accadere ciò che vediamo negli Stati Uniti: lì, se una persona senza assicurazione sta morendo davanti a un ospedale, rischia di rimanere fuori a morire sul marciapiede. Per fortuna, questo in Italia ed Europa non succede.
Il Giglio di Cefalù era un’eccellenza, ma oggi purtroppo lo è meno. Non voglio fare polemica, penso soltanto sia un errore quando si fanno troppe valutazioni politiche, soprattutto per le assunzioni. Un’istituzione come l’Ismett funziona, perché si premia il merito e non si fanno assunzioni per raccomandazione. Chiunque proponga una professionalità, questa viene valutata allo stesso modo degli altri, e viene scelta la migliore. Lo stesso principio applicato al Giglio, credo potrebbe farlo tornare ai precedenti livelli di eccellenza.”
Uno degli ultimi casi di cui si discute molto in sanità riguarda il reparto di cardiochirurgia del Civico. Questo partenariato tra pubblico e privato sembra destinato alla chiusura imminente. Dopo aver investito tanto, ha senso fare un passo indietro?
“La cardiochirurgia al Civico di Palermo non può chiudere. È impensabile chiudere un reparto così fondamentale, come sarebbe assurdo chiudere la cardiochirurgia infantile. Cosa faremo? Torneremo a mandare i bambini a Taormina o all’estero? Sarebbe un fallimento per Palermo. La classe dirigente della politica sembra tutta concentrata su Catania, e il presidente della Regione, pur essendo palermitano, sembra lavorare al servizio di altri territori. Spero che questa proposta non arrivi in Parlamento, perché scatenerebbe un inferno. Oggi il 40% delle decisioni in Sicilia sembra essere preso a Paternò (dov’è nato Ignazio La Russa di FdI, Ndr), ma Palermo è una città di quasi un milione di abitanti. È assurdo che per ogni nomina si vada sempre a cercare a Paternò. Questo fa pensare che qualcosa non vada.”
Pochi come Gianfranco Micciché potrebbero spiegare le più recenti dinamiche all’interno di Forza Italia. Tamajo, Schifani e gli equilibri siciliani.
«Quando Berlusconi era in vita, Forza Italia era diversa. Se due candidati si presentavano alle europee, si votava per il partito, non per fazioni. Ma con lo scontro Tamajo-Falcone, c’è stato un conflitto nucleare. In alcuni interventi, uno dei due è stato addirittura chiamato “cameriere”. Se c’è un cameriere nel partito, a livello nazionale non credo che lo si possa identificare in Mulè. Schifani ha premiato chi ha votato per il suo candidato, disprezzando o ignorando chi ha sostenuto la Chinnici candidata da Tajani. Successivamente, “ha cambiato idea” mandando la Chinnici in Parlamento costringendo Tamajo a ritirarsi, allo stesso tempo ignorando il fatto che l’onorevole Chinnici veniva eletta con il supporto mio e di Raffaele.
Dire che Tamajo è il recordman di voti è fuorviante, perché Schifani gli ha dato l’appoggio di tutti i sindaci della Sicilia che non avrebbero votato per lui, ed ha ricevuto i voti di Cuffaro, frutto di un accordo con Dell’Utri. E come interpretare i 30.000 voti di Tamajo a Ragusa? Penso che Falcone abbia preso più voti puri di Tamajo, ne sono certo. Da quando Tajani ha vietato la candidatura a Cuffaro, lui gliel’ha giurata, per questo hanno fatto di tutto perché non fosse votata la Chinnici. La politica oggi è brutta: non si ragiona in termini di collaborazione, ma di “fregare il compagno”. Non mi riconosco più in questa Forza Italia. Oggi Forza Italia è un partito senza identità. Non si sa più chi lo comanda, sembra che Cuffaro decida tutto. Lo dico con grande onestà: se non è così, me lo dimostrino, e sarò pronto a ricredermi. Ma quello che vedo è che nulla si fa senza che Cuffaro dica la sua».
Il rapporto con la famiglia Berlusconi è ancora saldo?
“Ultimamente non li sento direttamente, né Paolo né Marina, ma ho da sempre avuto ottimi rapporti con loro tramite Silvio. Continuo ad apprezzare la famiglia Berlusconi, che ha affrontato tante difficoltà rimanendo unita. Attorno a loro ci sono persone di altissimo livello, come Confalonieri e Letta. Conoscerli è stata una grande fortuna nella mia vita.”
L’autonomia differenziata vista dal punto di vista di un siciliano autonomista.
“Un dramma autentico. È uno dei motivi per cui ho collaborato con Lombardo. La battaglia per l’autonomia differenziata deve essere dura, continua, precisa e ben informata. I calcoli indicano un disastro atomico per il Sud e la Sicilia. Anche se la Lega cerca di farci credere che ci saranno aggiustamenti, sappiamo come funzionano queste promesse per la Sicilia.”
Perché prima viene il Ponte e poi ferrovie, strade, aeroporti, reti idriche e smaltimento rifiuti?
“Continuo a credere che non ci sia nulla di concreto sul Ponte. Ai miei tempi, quando ero al Ministero dell’Economia, continuavo a denunciare questa presa in giro. Berlusconi stesso mi disse di stare zitto. Questa storia del Ponte serve solo per destinare fondi in bilancio che poi vengono dirottati altrove. Se questi soldi fossero utilizzati per strade e autostrade in Sicilia, si farebbero investimenti reali. Salvini parla del Ponte con entusiasmo, ma sappiamo che il suo elettorato non ne vuole sapere.”
Rimpianti e soddisfazioni in una vita così lungamente dedicata alla politica.
“Ho fatto tanti errori e tante cose buone. Ma mi vanto di poter elencare i risultati. Non parlo solo del ’61 a 0′, che ai cittadini non interessa, ma dei risultati tangibili: l’acqua a Palermo, la funivia Erice-Trapani, l’autostrada Palermo-Messina, la Catania-Siracusa, la Gela-Agrigento.
Quando andai al Ministero dell’Economia, persi tutti i voti di Palermo, perché non ero più sul territorio, ma in quegli anni si fecero molte cose. Una delle mie più grandi soddisfazioni fu quando il presidente dell’ANCE di Messina, un imprenditore siciliano, disse che prima fatturava 1.000, di cui 900 fuori dalla Sicilia; oggi fattura 10.000, di cui 9.000 in Sicilia. Questo significa che avevamo fatto le scelte giuste, aperto i cantieri e realizzato le opere.”