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Lavoro

Riders, lacune legislative: prime sentenze di tutela al Tribunale di Palermo, pioniere in Italia

di Dario Di Gesù -





Giuseppe Tango, magistrato della sezione Lavoro al Palazzo di Giustizia di Palermo, riferendosi allo status dei “riders”: “In assenza di una disciplina legislativa, la giurisprudenza ha assunto un ruolo decisivo nella qualificazione e nell’approntare significative tutele, nei confronti di questa categoria di lavoratori”.

Sono stimati in circa 2 milioni, di cui quasi 100mila riders, i soggetti che in Italia traggono reddito dal lavoro su piattaforma digitale. Ma ad oggi nel Paese manca una legge che regolamenti i vari aspetti di questo nuovo tipo di attività, dove in questi anni sono emersi parecchi problemi soprattutto in fatto di Intelligenza artificiale applicata al controllo automatico del lavoro. Sono i temi affrontati a Palermo nel convegno “Fisco, lavoro e futuro”, organizzato dall’Ordine provinciale dei consulenti del lavoro.

Sulla giurisprudenza del Tribunale di Palermo che ha ad oggetto la tutela dei rider, il cui numero nel nostro Paese è raddoppiato dopo la pandemia, ha fatto una sintesi Giuseppe Tango, magistrato della sezione Lavoro del Tribunale di Palermo: “In assenza e in attesa di una disciplina legislativa, è stata la giurisprudenza ad assumere un ruolo decisivo nella qualificazione, prima, e nell’approntare significative tutele, poi, nei confronti di questa categoria di lavoratori”.

“Si tratta – ha aggiunto Tango – di prestazioni lavorative caratterizzate dall’utilizzo di una piattaforma digitale che funziona in base ad algoritmi non resi noti, ma che sicuramente, lungi dallo svolgere mera attività di intermediazione con il committente, perseguono esclusivamente l’interesse dell’imprenditore che li predispone. In queste piattaforme ciascun lavoratore è inserito in un ranking, con il proprio punteggio, condizionato da vari fattori, quali l’esperienza acquisita, i riscontri di clienti e ristoratori, il disallineamento dal percorso indicato, e così via”.

Il ranking è dato da punteggi in base ai risultati del singolo e, se il punteggio cala, gradualmente si riducono gli ordini fino al “distacco” dalla piattaforma, cioè il licenziamento. Tra i fatti che abbassano il punteggio ci sono, ad esempio, anche le assenze, ma l’algoritmo non distingue tra assenza per malattia (o per un evento imprevisto, come una manifestazione che blocca il traffico) e l’assenza ingiustificata.

In particolare, la sentenza n. 3570/2020, per la prima volta in Italia, ha qualificato il rapporto di lavoro di un rider come rapporto di lavoro subordinato. Il Tribunale di Palermo ha ritenuto che, poiché la piattaforma digitale è regolamentata mediante algoritmi predisposti dal datore di lavoro, l’obbligo del “rider” di eseguire alla lettera, nell’esecuzione del rapporto di lavoro, le indicazioni date dall’App – che non consente alternative a quelle date – coincide con l’obbligo di eseguire le direttive del datore di lavoro, che qualifica il rapporto di lavoro subordinato al pari del potere disciplinare, di fatto esercitato dalla società di “food delivery” mediante la riduzione del punteggio del lavoratore operata dalla piattaforma per scarso gradimento del suo lavoro.

Fabrizio Di Modica, presidente del Comitato tecnico scientifico del centro studio “Il lavoro continua”, ha osservato che «le linee guida del nuovo regolamento europeo ‘Ai Act’ approvato a marzo, così come il disegno di legge delega che il governo italiano ha approvato e ha inviato a maggio al Parlamento per la conversione in legge, prevedono il principio secondo cui l’applicazione dell’Intelligenza artificiale al rapporto di lavoro deve obbligatoriamente garantire determinate tutele, come il diritto alla privacy, il diritto alla riservatezza nel trattamento dei dati personali, il diritto alla sicurezza sul luogo di lavoro, il diritto a conoscere preventivamente i criteri di impostazione  degli algoritmi di controllo. La principale arma per il lavoratore è la  conoscenza dell’Intelligenza artificiale, dei suoi rischi e delle sue opportunità».

«Infatti – ha spiegato il giudice Tango – quando ad un certo momento questi lavoratori si sono rivolti alla magistratura per rivendicare i propri diritti, i giudici, nonostante si trattasse di figure di lavoratori dai contorni inediti e moderni, hanno dovuto fare ricorso alle categorie giuridiche tradizionali. E il Tribunale di Palermo è stato pioniere in Italia, emettendo le prime sentenze che hanno qualificato come subordinati questi lavoratori approntando tutele anche in materia di licenziamento e di sicurezza sul lavoro».

I consulenti del lavoro ritengono che, per prevenire abusi e contenziosi, sull’Intelligenza artificiale in azienda si debba mutuare il modello “dialogico” adottato in Germania, ossia un confronto preventivo fra imprenditori, consulenti del lavoro e lavoratori che faccia conoscere in modo trasparente i criteri degli algoritmi e le regole cui devono attenersi entrambe le parti: «In attesa che l’Italia recepisca con legge il regolamento europeo “Ai Act” – ha proposto il presidente dei consulenti del lavoro di Palermo, Antonino Alessi – si potrebbe avviare in maniera concordata un progetto pilota a Palermo, nell’ambito della contrattazione di secondo livello che, se funziona, potrebbe essere esteso a tutta Italia. Si tratta di riesumare il Documento programmatico della sicurezza introdotto dal Codice in materia di protezione dei dati personali e poi abrogato dal decreto Semplificazioni. A Palermo si potrebbe sperimentare l’efficacia della figura del ‘Responsabile dei lavoratori per l’Intelligenza artificiale’, che abbia il compito, a tutela sia dell’azienda che dei lavoratori, di prevenire i rischi acquisendo notizie sull’impostazione degli algoritmi, verificandone la correttaapplicazione, segnalando anomalie. Insomma, garantendo un rapporto trasparente fra le parti».

«Gli strumenti finanziari per conoscere l’Intelligenza artificiale e farla diventare un’opportunità ci sono, anche in Sicilia – ha annunciato Lucia Alfieri, consigliera di amministrazione del Fondo interprofessionale Fonarcom – . Noi finanziamo corsi di formazione continua, per gli imprenditori e per i lavoratori, e, nell’ambito dell’avviso ‘Diginnova’, finanziamo anche la formazione sui temi dell’innovazione, della digitalizzazione e della sostenibilità. È uno strumento fondamentale per acquisire le giuste competenze che possono far sì che l’Ia sia realmente per l’azienda un modo di diventare più efficiente e competitiva nel rispetto dei diritti e per il soggetto di trovare lavoro o di migliorare le proprie condizioni di impiego. 

Conoscere l’Intelligenza artificiale aiuta a creare il giusto equilibrio fra le opposte esigenze. Dal 2019 a oggi con ‘Diginnova’ Fonarcom ha finanziato piani formativi per un totale di circa 18 milioni di euro. Le richieste ci sono arrivate da grandi e medie aziende, anche dalla Sicilia, ma è importante che adesso pure le micro e piccole imprese, che finora non hanno prestato la giusta attenzione all’Ia, si accostino a questa che è ormai una realtà con la quale bisogna fare i conti per restare sul mercato».

(foto Pixabay)