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Lavoro

La tragi-commedia della formazione professionale

di Redazione -





di GIUSEPPE MESSINA
La storia recente della formazione professionale in Sicilia è quantomeno curiosa e, allo stesso tempo, assume l’aspetto di una commedia tragicomica. Parliamo di un settore che, per Statuto, è di competenza esclusiva della Regione Siciliana e, quindi, della politica politicante in salsa sicula. Sul palcoscenico di questa narrazione, la classe politica siciliana che, dal 2012 a oggi, si è ritagliata un ruolo da protagonista nel settore della formazione professionale, palesando evidenti contraddizioni. Se la sinistra distrugge per rigenerare nuova linfa, la destra puntella e allarga il perimetro d’azione degli enti formativi, contribuendo a ingrossarne alcuni con lauti finanziamenti. La sceneggiata ha inizio col governo regionale di Rosario Crocetta, “sbarcato” in pompa magna da Gela a Palermo, a presidio di Palazzo d’Orleans quale simbolo di quel “Megafono” che avrebbe spazzato via clientelismo e illegalità dalla Sicilia; per poi proseguire con il primo dei due governi di centrodestra che hanno cannibalizzato la formazione professionale a partire dal 2017. Fin da subito, il Governo Crocetta si è adoperato con la coalizione dei partiti della maggioranza, stampella del governo della “liberazione” a parole, per distruggere letteralmente il sistema formativo siciliano marcio e affarista. Ed in questa impresa c’è riuscito, con un’azione politica dirompente che ha contributo a fare pulizia nel settore, che ha registrato il fallimento di alcuni enti formativi storici con conseguente licenziamento in massa di migliaia di operatori della formazione professionale. Fatto questo sono spuntati come i funghi nuovi enti formativi pronti a calcare le scene da protagonisti di una nuova stagione. Sul palcoscenico della storia tragicomica poi, si susseguono i deputati dei partiti a sostegno del governo guidato dal catanese Musumeci. La formazione trova un suo assetto con il varo della tanto agognata legge di riforma. Sembrava tutto risolto. Uno strumento normativo attuale e innovativo che, spazzando via quarant’anni di arcaica gestione della formazione, avrebbe dato nuova linfa al settore strategico per la crescita formativa dei siciliani. Ed invece, la contraddizione entra in scena da protagonista. Tant’è che, nel dicembre del 2019, viene approvata la Legge 23, che riforma il settore e sostituisce la Legge 24 del 1976. Rispondendo ad una generalizzata richiesta di modernizzazione, finalmente, il settore viene riformato, conferendogli un nuovo aspetto. Una legge nata dopo un intenso lavoro nella Commissione Cultura e Lavoro all’Ars, con la partecipazione delle parti sociali. Ma alla prima fibrillazione, scaturita da interessi contrastanti dei deputati della maggioranza, arriva una norma che sconquassa l’ossatura della Legge 23/2019. Il racconto, tanto entusiasmante quanto tragicomico, prosegue menzionando i fatti occorsi nell’agosto 2022, quando la Legge subisce una prima modifica sostanziale, spaccando letteralmente in due i partiti della maggioranza. È sempre il centrodestra, lo stesso della riforma epocale del settore con la Legge 23, che approva una norma che sottrae all’Assessore regionale alla Formazione professionale la discrezionalità nell’introdurre un tetto al finanziamento pubblico per ciascun ente formativo. Viene modificato un articolo della Legge 23/19. Di conseguenza, scoppia una cruenta polemica tra i corridoi parlamentari, perché la norma viene vista come un furto perpetrato a danno di alcuni enti che, nel frattempo, si sono ampliati con lauti finanziamenti, acquistando un tale potere da avere la capacità di condizionare le scelte legislative operate dal Parlamento siciliano. La sceneggiatura prevede una fase successiva, datata gennaio 2024. In questo caso la politica siciliana proprio riesce a superarsi! Infatti, siamo nella fase in cui il governo è guidato dal palermitano Schifani, prima approva una norma e poi in meno di due mesi la elimina, facendo un doppio salto mortale. A gennaio 2024 viene eliminato il tetto al finanziamento e introdotta una norma che obbliga gli enti formativi ad assumere quattro figure qualificate per ogni sede formativa. Ma, come se ciò non fosse sufficiente per creare incertezza, agli inizi di marzo, i partiti di maggioranza, sotto la pressione degli enti formativi più grossi, firmano, nottetempo, la norma che abroga l’obbligo di assunzione dei lavoratori. Il copione diventa quello di un film horror! Che sentimenti suscita ciò che ho appena raccontato? Ilarità o rabbia? Ma, in fondo, emerge un’amara e innegabile verità: la formazione professionale, così come ahimè, tanti altri settori nella nostra isola, è totalmente asservita al volere di certa politica qualunquista, poco attenta e per nulla visionaria e da certa forza imprenditoriale senza scrupoli, che, potendolo fare, persegue solo lo scopo di arricchirsi, sfruttando norme e regole in vigore