L’identità aveva ragione: la Procura conferma l’anomalia delle assunzioni al Libero Consorzio di Ragusa
Quanto denunciato con coraggio e rigore deontologico dal nostro giornale L’identità nelle scorse settimane in merito alle procedure concorsuali e alle assunzioni al Libero Consorzio Comunale di Ragusa trova oggi una conferma ufficiale negli atti della Procura della Repubblica. Come emerge da un dettagliato decreto di archiviazione notificato dal Procuratore Francesco Giuseppe Puleio, le indagini hanno effettivamente accertato serie irregolarità nella gestione del concorso per Dirigente Amministrativo, bandito nel dicembre 2024 e poi revocato dopo le pesanti critiche sollevate dalle inchieste de L’identità e dalle interrogazioni politiche. La vicenda ha avuto anche rilevanza nazionale perché il nostro giornale ha voluto mettere al corrente esponenti di Camera e Senato e ha voluto sollevare il caso non solo all’ARS e all’amministrazione siciliana guidata dal governatore Renato Schifani ma anche a membri dell’esecutivo Meloni.
Al centro della vicenda c’è l’avvocato Benedetto Rosso detto Nitto (nella foto), all’epoca Direttore Generale dell’ente, unico candidato ammesso a quel concorso, nonché ideatore della procedura stessa. Un caso di scuola, come si suol dire, ma in negativo. Le indagini della DIGOS infatti hanno rilevato numerose anomalie: la deroga al regolamento, la scelta di bandire il concorso in prossimità delle elezioni, la designazione del Segretario Generale – e non del responsabile Risorse umane – come responsabile del procedimento, tempi ristretti, requisiti “tagliati su misura” e pubblicità insufficiente. Tutti elementi che, come sottolineato dal PM, “potevano far congetturare la volontà di preselezionare un soggetto predeterminato”. E chi se non lo stesso Rosso, già Direttore Generale con incarico a tempo determinato.
Tuttavia, nonostante la palese condotta anomala, il procedimento è stato archiviato. Ma – ed è qui la notizia – non perché i fatti non sussistessero, bensì perché il reato di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) è stato abrogato con la legge 114/2024, entrata in vigore nell’agosto dello scorso anno. In altre parole, quel che un tempo era reato oggi non lo è più. La Procura ha chiarito che, allo stato, non sussistono elementi per configurare altri reati. Anche le reciproche denunce per diffamazione tra Rosso e il deputato regionale Emanuele Dipasquale, sono state considerate legittimo esercizio del “diritto di critica politica”, quindi non penalmente rilevanti. La Procura inoltre – e questo ci riguarda direttamente – chiede l’archiviazione anche per la denuncia fatta dall’avvocato Rosso contro L’identità per estorsione.
Alla luce di quanto emerso, sarebbe opportuno e necessario avviare una verifica completa e approfondita della correttezza di tutte le procedure gestite durante il periodo di direzione dell’avvocato Rosso. Le anomalie riscontrate in questo concorso sollevano seri interrogativi sulla regolarità di altri atti amministrativi, nomine e procedure condotte sotto la sua direzione. Magari potrebbero emergere ulteriori criticità in un periodo all’insegna di opacità gestionale e possibili conflitti di interesse.
La necessità di un controllo a tappeto si rende ancor più urgente alla luce di recenti sviluppi che coinvolgono direttamente i titoli esibiti dall’avvocato Rosso per ricoprire il ruolo di Direttore Generale. Come appurato dalle nostre fonti, sono attualmente pendenti ricorsi al giudice del lavoro che contestano proprio la validità e l’effettiva sussistenza dei requisiti presentati dall’ex Direttore. Addirittura, lo stesso Ente avrebbe formalizzato una segnalazione alla Procura in merito alla documentazione prodotta da Rosso, sollevando seri dubbi sulla corrispondenza tra quanto dichiarato e la realtà effettiva dei fatti.
Insomma, le anomalie riscontrate nel concorso “su misura”, unite ai dubbi sulla legittimità dei titoli che hanno permesso all’avvocato Rosso di accedere alla carica di Direttore Generale, sollevano interrogativi ancora più seri sulla regolarità di tutto l’operato amministrativo dell’ente in quel periodo.
Vogliamo ricordare quindi il ruolo cruciale svolto da L’identità: è stata la nostra inchiesta giornalistica, portata avanti con determinazione e suffragata da tutta la documentazione del caso, a sollevare il velo su una procedura opaca, costringendo di fatto l’ente a sospendere e poi revocare il bando. Abbiamo denunciato quello che la stessa Procura definisce un “collegamento probatorio” tra condotte abusive e reazioni diffamatorie, sventando di fatto un abuso che altrimenti sarebbe rimasto impunito. Grazie al nostro lavoro è emerso un sistema di gestione del potere basato su nomine fiduciarie, deroghe arbitrarie e conflitti di interesse, che rischiava di eludere il controllo democratico. Se oggi quel concorso non c’è più e se quei comportamenti sono stati almeno formalmente censurati dall’Autorità Giudiziaria, il merito è anche della libera stampa e di un quotidiano davvero indipendente come il nostro che, esercitando il suo diritto-dovere di cronaca, ha fatto luce laddove la legge, purtroppo, ha cessato di arrivare.