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I SICANI – Per un’Europa dall’Oceano Atlantico al Mar Nero. Dal Marocco, a Israele, alla Turchia

di Redazione -





di ANTONINO SALA – Il fenomeno dell’immigrazione dall’Africa verso l’Europa è difficilmente governabile figuriamoci se arrestabile. 

Peraltro continuando così il continente africano verrà svuotato delle migliori e più giovani energie che saranno costrette a diventare forza lavoro a buon mercato. Il fenomeno è inquietante anche per altri risvolti di tipo macroeconomici, soprattutto ora che sono scoppiate due guerre devastanti vicino i confini dell’UE (Ucraina e Gaza). Infatti si stanno progressivamente rendendo disponibili in Africa grandissime porzioni di terreno fertile che gli operatori internazionali delle potenze non occidentali potranno acquisire a prezzi bassi. Così come i grandi giacimenti di terre rare, indispensabili per l’industria del presente e per quella del futuro, finiranno nell’orbita di paesi con i quali in questo momento il blocco occidentale non ha un rapporto idilliaco.

Oltretutto la migrazione causerà nel medio e lungo termine la destabilizzazione della società europea in cui vengono catapultati quotidianamente individui con culture, tradizioni e religioni troppo diverse per essere assimilate senza traumi nel nostro continente. In tutto questo non è dignitoso per una civiltà fondatata sui diritti che le persone finiscano relegate in baraccopoli di fortuna nel peggiore dei casi, nei ghetti degradati delle città nel migliore, come nelle banlieue francesi, con il rischio concreto di rimanere invischiate nella trappola dell’emarginazione, del terrorismo o della criminalità.

L’ex senatore della Repubblica Italiana Tony Iwobi infatti ha rilevato che non è corretto “illudere i giovani africani che in Italia e in Europa ci sia lavoro per tutti fa il male soprattutto dell’Africa e dei suoi abitanti. Quanto accaduto in Italia in questi anni…, non è umanità, non è solidarietà ma è schiavismo moderno. Il 94% di chi è sbarcato in Italia non ha ottenuto lo status di rifugiato politico e nella maggior parte dei casi vaga per le nostre città senza alcun controllo. E se va bene lavora a 2 euro l’ora senza diritti, se va male ingrossa le fila delle criminalità.” A ciò si aggiungono le considerazioni di S.E. il cardinale Robert Sarah che afferma che “l’Africa è divenuta una discarica nella quale riversare contraccettivi e armi di massa. Ed è anche teatro di furti di risorse minerali da parte delle potenze economiche mondiali che pianificano guerre e alimentano disordini all’interno del continente africano al solo fine di sfruttarne le risorse naturali in assenza di qualsiasi legge.”

Anche Papa Benedetto XVI nel 2013 aveva detto che “nel contesto socio-politico attuale prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra“. Ma per non fare fuggire la gente dalle proprie terre allora bisogna che almeno l’Africa del nord diventi l’Europa del Sud. 

Il Mediterraneo non può solo separare due sponde di terra ferma ma deve anche unirle in un unico abbraccio, attraverso la ripresa del processo di Barcellona per la costituzione dell’area di libero scambio dei paesi rivieraschi, che secondo gli obiettivi del 1995 doveva entrare in vigore nel 2010, rilanciando un’idea di sviluppo comune con gli stati dell’Africa del nord.

Andrebbe applicato al Mediterraneo l’idea di coesione che l’UE ha già sperimentato con successo nelle macro-regioni più svantaggiate del continente che ha portato ad un loro equilibrato sviluppo.

Al contempo maggiori scambi culturali renderebbero più facile la mutua comprensione e così una immigrazione sicuramente più facile da gestire. 

In ogni caso il vero nodo è quello della partecipazione attiva alle istituzioni europee anche dei paesi più avanzati istituzionalmente come il Regno del Marocco che con la riforma costituzionale è diventato una monarchia costituzionale molto simile a quelle europee e che quindi potrebbe a tutti gli effetti essere ben presente tra le nazioni occidentali. 

E poi c’è il grande nodo della Turchia e di Israele. L’Europa è monca senza l’Anatolia su cui sorgeva la città del padre Enea e Costantinopoli capitale dell’Impero Romano, la nuova Roma voluta da Costantino il Grande. E senza il paese (Israele) dove sono sorte le grandi religioni monoteiste, Ebraismo e Cristianesimo, che sono le radici spirituali, insieme alla romanità, della civiltà occidentale fondata sulla libertà e il diritto. Peraltro la Turchia è membro della NATO ed Israele un grande alleato dell’Occidente. 

Serve oggi più che mai il coraggio di aprire le trattative per farli entrare ambedue nell’Unione Europea così come il Marocco di Re Mohammed VI, la Bosnia-Erzegovina, l’Albania, la Georgia, la Moldova, il Montenegro, la Macedonia del Nord, la Serbia. Solo così ci garantiremo vicendevolmente prosperità economica, stabilità politica, sicurezza militare dall’Oceano Atlantico al Mar Nero.