Colpo ai patrimoni della mafia vittoriese: sequestri per 20 milioni a un imprenditore
Un intervento chirurgico sul cuore economico della criminalità organizzata. È quello messo a segno dalla Direzione Investigativa Antimafia di Catania che, insieme alla Questura di Ragusa, ha eseguito un imponente sequestro patrimoniale nei confronti di un imprenditore ritenuto organico all’area di influenza della Cosa Nostra vittoriese.
Il provvedimento, disposto dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Catania, nasce da una proposta congiunta del direttore della DIA e del questore di Ragusa e si inserisce nel solco di una strategia ormai consolidata: colpire la mafia non solo con le condanne, ma soprattutto privandola delle sue fondamenta economiche.
L’uomo destinatario del sequestro è stato recentemente condannato in primo grado a otto anni e quattro mesi di reclusione dal Gup etneo per concorso esterno in associazione mafiosa, un reato che fotografa il ruolo di cerniera tra impresa e organizzazione criminale. Non un soldato, ma un facilitatore, capace di trasformare il consenso mafioso in affari e rendite.
Determinanti, in questo senso, le indagini economico-patrimoniali, che hanno fatto emergere una vistosa sproporzione tra i redditi dichiarati e l’ingente patrimonio accumulato nel tempo dal nucleo familiare. Una frattura che, per la normativa antimafia, diventa prova di una ricchezza incompatibile con attività lecite.
Sotto sequestro sono finiti beni per un valore complessivo di circa 20 milioni di euro: otto società e una ditta individuale attive nei settori dei trasporti e dell’immobiliare, con interessi distribuiti tra le province di Ragusa, Catania e Roma. Bloccate anche tre ville, numerosi terreni nel Ragusano e una fitta rete di rapporti bancari e finanziari, intestati sia alle aziende sia a sei persone fisiche.
È l’ennesima conferma di una verità che la magistratura ripete da anni: la mafia moderna spara meno, ma investe di più. E proprio per questo, come ricordava Giovanni Falcone, «seguire il denaro non è solo una tecnica investigativa, ma una scelta di civiltà». In quel solco si muove anche questa operazione, che toglie ossigeno alla criminalità e restituisce allo Stato il controllo dell’economia legale.
