Salvini rilancia dal Sud: “Il 2026 sarà l’anno del Ponte sullo Stretto”
Da Francavilla Fontana, nel cuore della Puglia, Matteo Salvini torna a evocare uno dei simboli più controversi e divisivi della politica italiana: il Ponte sullo Stretto di Messina. Con toni da “missione nazionale”, il vicepremier e ministro delle Infrastrutture ha tracciato un bilancio dei suoi tre anni di lavoro, sottolineando di aver trovato — al suo arrivo — “cantieri fermi da 50 anni” e opere iniziate quando “andava ancora all’asilo”.
Salvini non ha nascosto l’ambizione: “Con un anno e mezzo ancora da ministro conto di recuperare tutti i decenni perduti. Spero che tutto il sistema Stato remi nella stessa direzione”. E quella direzione, per lui, passa inevitabilmente dalla Sicilia e dalla Calabria, unite — almeno nelle intenzioni — da un’infrastruttura che “il mondo aspetta da un secolo”.
“Abbiamo trovato il finanziamento, i progetti ci sono, gli ingegneri ci sono, ci sono gli operai, c’è tutta l’ingegneria italiana pronta a partire — ha insistito Salvini —. Spero che il 2026 sia l’anno buono”.
Il ministro ha poi commentato con cautela l’intervento della Corte dei Conti, che ha sospeso la registrazione dell’atto di finanziamento: “La Corte ha tempo fino al 30 novembre. Noi siamo pronti a fornire tutte le documentazioni tecniche e giuridiche per dimostrare che l’opera si può e si deve fare. Il mondo corre, il mondo innova, e l’Italia non può restare ferma”.
Dietro l’enfasi del leader leghista si intravede un messaggio politico chiaro: il Ponte come simbolo non solo di modernità, ma di riscatto per un Mezzogiorno che da decenni attende infrastrutture degne di questo nome. Una visione che, tuttavia, continua a dividere esperti e opinione pubblica: da un lato chi lo considera il motore di una nuova stagione economica per la Sicilia, dall’altro chi teme che resti, ancora una volta, un miraggio sospeso tra promesse e carte bollate.
Ma Salvini non arretra e chiude con una frase destinata a restare nei titoli: “Pensate a quanti giovani, ingegneri, architetti e operai potranno lavorare sulla più grande opera pubblica d’Occidente. Spero che nessuno blocchi il futuro”.
