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Cronaca

Operazione “Tigre Reale”: sgominata piazza di spaccio a Giarre

di Alessandro Fragalà -





Misure cautelari per 4 persone e avviso di conclusione delle indagini per altre 20 a cui, pur essendo stata riconosciuta la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, non sono state emesse misure cautelari personali per assenza di esigenze cautelari. E’ l’esito dell’operazione dei carabinieri di Giarre denominata “Tigre Reale” che ha visto impegnati oltre 50 militari e che ha sgominato il gruppo criminale che gestiva la piazza di spaccio nel quartiere “Jungo”. Un’indagine complessa, durata addirittura due anni (da settembre 2019 a giugno 2021) che si è sviluppata sia mediante tipologie d’indagine tradizionali, come i servizi di osservazione e pedinamento, sia attraverso un’attività tecnica di intercettazione, che ha consentito numerosi riscontri oggettivi quali arresti in flagranza di reato, controllo degli acquirenti, sequestri di droga e denaro.  Le accuse, a vario titolo, per gli indagati sono di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, nonché per acquisto e detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio.

L’organizzazione.

Al vertice del gruppo c’erano Maurizio Viscuso e Stefano Mario Sciacca, che gestivano la piazza di spaccio come un vero e proprio “supermarket” della droga, attivo giorno e notte. L’attività era supportata da una fitta rete di vedette e da misure di sicurezza per eludere i controlli delle forze dell’ordine. In particolare, Maurizio Viscuso, a capo dell’organizzazione, era soprannominato il “cassiere” per la sua abilità nella gestione dei proventi illeciti. Stefano Mario Sciacca, invece, braccio destro di Viscuso, era responsabile del reperimento del denaro e del trasporto della droga. Facendo eccezione per Sciacca, il gruppo criminale era quasi totalmente a conduzione familiare. Se Maurizio Viscuso era a capo, a supportarlo erano i componenti della sua famiglia. Salvatore Viscuso, figlio di Maurizio, rappresentava l’alter ego del padre e lo accompagnava nei viaggi per il rifornimento di droga sia nel territorio giarrese che nel capoluogo catanese, e lo aiutava a contrattare il prezzo del quantitativo di droga approvvigionato. Altro ruolo per un altro figlio, Giuseppe: come il fratello addetto allo spaccio e al recupero crediti. Il fratello più grande avrebbe comunque mantenuto un ruolo “operativo” nell’ambito dell’organizzazione, in quanto avrebbe provveduto in prima persona al confezionamento e allo spaccio delle singole dosi di cocaina, trattando in prima persona con gli acquirenti, con la prerogativa di poter applicare eventuali sconti. Anche lui, infine, si sarebbe occupato del recupero crediti inerente alle cessioni di grossi quantitativi di stupefacenti, secondo un modus operandi per il quale determinati “clienti” che godevano di una certa fiducia, avrebbero beneficiato della possibilità di non pagare la droga al momento dell’acquisto ma di estinguere il debito successivamente, in un momento pattuito.  E infine ruolo chiave anche per la moglie, Rosa Arcidiacono, che coordinava le vedette e gestiva l’attività in assenza del marito e del figlio maggiore.

I legami con la criminalità organizzata.

L’indagine ha rivelato i legami tra la famiglia Viscuso e il clan Laudani di Piedimonte, in particolare con Antonio Di Mauro, detto “u prufissuri” e responsabile per il clan dell’area giarrese. Di Mauro avrebbe garantito la protezione dei Viscuso e avrebbe anche chiesto loro di aiutarlo a reperire droga. In particolare lo stesso Viscuso, in occasione di un suo ferimento per questioni non relative alla droga, aveva chiesto l’intervento di Di Mauro. Un episodio emblematico del carattere verticistico dell’associazione e dell’impossibilità di mettere in discussione le direttive del promotore, sarebbe stato il brutale pestaggio, avvenuto nell’agosto 2020, ai danni di uno spacciatore al dettaglio, che dopo essersi rifornito nell’emporio della droga dei Viscuso, avrebbe osato mettere in discussione la qualità e la modalità di taglio dello stupefacente, pretendendo di partecipare alla preparazione della cocaina da vendere, al fine di accertarsi di non essere raggirato. Nel corso delle attività d’indagine i Carabinieri hanno arrestato anche 10 pusher per “detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente e hanno sequestrato oltre 1 kg di marijuana e 350 grammi di cocaina, oltre alla somma in contanti di mille euro.