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Cronaca

Niscemi, operazione ‘Mondo Opposto’, 29 arresti. Sventato un omicidio

Quattro gelesi sono coinvolti: Emanuele Burgio, Luigi e Vincenzo Cannizzaro e Carmelo Raniolo

di Redazione -




Un imprenditore che si era opposto al racket delle estorsioni, denunciando il boss niscemese Alberto Musto, capo del mandamento di Gela, ha rischiato di essere ucciso. Tuttavia, il progetto criminale è stato sventato alle prime luci dell’alba grazie all’operazione “Mondo Opposto” condotta dai carabinieri, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia.

Blitz antimafia

I militari dell’Arma hanno disarticolato la famiglia mafiosa di Niscemi attraverso l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare per 29 persone. Gli indagati sono accusati di reati contro la persona e contro il patrimonio, nonché di detenzione di armi da sparo. Di questi, 25 sono stati portati in carcere, tre sono agli arresti domiciliari (tra cui due donne) e un carabiniere è stato sospeso dalle funzioni. Quattro gelesi sono coinvolti: Emanuele Burgio, Luigi e Vincenzo Cannizzaro, e Carmelo Raniolo.

Tra gli arrestati c’è anche Alberto Musto, il carismatico capo del clan niscemese, insieme al fratello Sergio

Il costante monitoraggio delle attività della famiglia mafiosa condotto dalla Direzione Distrettuale Antimafia ha fornito indizi sulla pianificazione e l’imminente esecuzione dell’omicidio dell’imprenditore antimafia. Le intercettazioni durante le indagini preliminari hanno rivelato lo stato avanzato della preparazione del delitto, impedito grazie all’intervento tempestivo e coordinato dei carabinieri. Un autista era già pronto su un’auto rubata, e le pistole dovevano essere fornite dai presunti killer provenienti da Catania. L’omicidio avrebbe dovuto avere una funzione punitiva, poiché l’imprenditore aveva denunciato Musto 10 anni prima.

Oltre al tentato omicidio, i destinatari dei provvedimenti restrittivi sono accusati di una serie di reati, tra cui il controllo del territorio tramite estorsioni. L’inchiesta ha svelato un quadro più ampio delle attività criminali della presunta famiglia mafiosa di Niscemi, contribuendo alla lotta contro la criminalità organizzata nella regione. Musto, già condannato nell’ambito dell’inchiesta “Fenice” e considerato uno dei più fidati referenti del boss niscemese Giancarlo Giugno, aveva riorganizzato il clan dopo l’arresto del capo storico nell’ambito dell’operazione “Rewind”. L’inchiesta ha evidenziato che il gruppo si era riattivato nonostante gli arresti e i processi del passato, tornando a taglieggiare il tessuto imprenditoriale e a riattivare commerci illegali. Il tutto con il ritorno a metodi violenti, come l’omicidio per vendetta contro l’imprenditore che aveva deciso di ribellarsi al tentativo di estorsione.


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