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Munnizza export: 10mila tonnellate verso la Spagna

di massimilianoadelfio -





di ANGELO VITOLO – Munnizza Export

Poco più di dieci giorni fa un emendamento del relatore al Decreto energia approvato nella notte dalle Commissioni Ambiente e Industria della Camera apriva alla nomina del presidente della Regione Siciliana Renato Schifani a commissario straordinario – per due anni, prorogabile – “per il completamento della rete impiantistica integrata e per la realizzazione e localizzazione di nuovi impianti di termovalorizzazione di rifiuti”. Subito, gli uffici di Palazzo d’Orléans a precisare che “le competenze in materia di gestione dei rifiuti della Regione e degli enti territoriali non cambiano”. La nomina, “per accelerare, sempre nel rispetto delle norme, le procedure di costruzione dei termovalorizzatori, che risolveranno la situazione di emergenza, evitando il costoso trasferimento dei rifiuti all’estero”. E poi una chiosa che non tranquillizza: “Un iter già sperimentato dal precedente governo nazionale con Roma Capitale”. A rammentare una ferita che non sanguina solo per i cittadini romani, perché divenuta emblematica, per tutto il Paese, di una situazione incancrenita finora senza soluzione.

Munnizza Export: la gestione dei rifiuti

Anche in Sicilia, la questione rifiuti ha dato il via del nuovo anno, salutando il 2023, con problematiche immutate. E con il governatore Schifani ad anteporre i rifiuti, nelle sue dichiarazioni, a tutte gli altri temi dell’isola, contando su un Piano rifiuti appena licenziato. Quello che fin da novembre, per esempio, contesta Legambiente Sicilia. Ce lo conferma il suo presidente Tommaso Castronovo: “Cinque discariche per oltre 6 milioni di tonnellate di rifiuti, due inceneritori realizzati con soldi pubblici per bruciare ogni anno 600mila tonnellate di rifiuti e cassonetti stradali per la raccolta a Palermo”, aveva denunciato. Un piano “stravagante” che non incide – precisa – “su una situazione nella quale, dopo i decenni di discariche pubbliche e private contrassegnate da una gestione opaca spesso finita nelle maglie della giustizia, non si opera per una raccolta differenziata che funzioni e per un sistema che ci affranchi da termovalorizzatori e inceneritori. Impianti che non risolverebbero i problemi e condannerebbero l’isola a rinunciare alla sua decarbonizzazione, ad un sempre più grave impatto dei cambiamenti climatici che stanno facendo collassare le produzioni agricole, ad una mancata e invece per noi sempre più auspicabile aperture, sulle nostre terre, degli acquisti verdi nella Pubblica amministrazione”.
Finora, lo ammette Schifani e lo raccontano le decine di decreti attraverso i quali la Regione autorizza il trasporto transfrontaliero e non, escono dalla Sicilia tonnellate e tonnellate di rifiuti che potrebbero diventarne, in un meccanismo virtuoso, grande ricchezza. Con extracosti finora contabilizzati in 45/50 milioni di euro. L’ultima notizia, per l’intera situazione, è di 9.500 tonnellate di scarti di lavorazione della frazione secca trattata che raggiungeranno la Spagna. “Ma si badi – avverte Castronovo – : questa è solo una parte residuale, lavorata in Spagna da un’azienda privata per trasformare in carburante, di 900mila tonnellate di rifiuti che vengono raccolti dal sistema pubblico al servizio dei Comuni dell’isola senza alcun metodo di differenziazione. L’isola, per la prima volta, potrà godere da qui ai prossimi anni, di 700milioni di euro dal Pnrr e dalla programmazione Ue 2021-2027 che potrebbero fare davvero la differenza, se fossero spesi per costruire l’ossatura di centri di raccolta comunali, per il trattamento differenziato, per il biometano. Servirebbe un impegno politico serio, non certo quello simbolicamente rappresentato per esempio dal recente diniego regionale al via di un polo tecnologico che a Mazzarà Sant’Andrea nel Messinese avrebbe potuto cominciare a trattare il 40% dei rifiuti differenziati dell’intera provincia trasformandoli in compost e biometano”.
“Benvenuto in Italia – ci risponde Francesco Fallica, ad di Enki, che curerà per LVS il trasporto di parte dei rifiuti in Spagna – . Da Roma in giù, accade questo da anni. Intorno al 2015 feci una previsione, ipotizzando che il sistema non si sarebbe normalizzato prima di 10 o 15 anni”. Un tempo ormai trascorso, con regioni del Sud, la Sicilia come la Campania, ove un sistema stabilizzato, armonioso ed efficiente è ancora un sogno. Con il corollario, ovunque in Italia, delle polemiche locali, temute o cavalcate dalla politica, che impediscono gli impianti. Dei termovalorizzatori, ma anche dei biodigestori. “Facciamo da anni un lavoro assurdo”, conclude Fallica. La sua Enki trasporta ogni anno migliaia e migliaia di tonnellate di rifiuti all’estero: una munnizza export.