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Attualità

I SICANI – Fratel Biagio, in cammino alla ricerca della libertà

di massimilianoadelfio -





di ANTONINO SALA
Il profilo di Biagio Conte, se depurato dalla retorica mielosa e politicamente corretta di cui nel tempo è stato investito suo malgrado, ne restituisce la figura di un uomo in cerca di Libertà, sia spirituale che materiale, in nome del rifiuto dell’indifferenza e della superficialità della società contemporanea, attenta ai falsi miti consumistici e incurante delle sofferenze degli ultimi.
Fratel Biagio inizia il suo viaggio verso Assisi sulle tracce di San Francesco il 5 maggio 1990 separandosi dalla società. Come egli stesso racconta nella sua autobiografia “Il Cammino delle Speranza” questo gesto fu dettato dall’impossibilità per lui di sopportare le ingiustizie di ogni giorno e verso le quali si riteneva impotente. Iniziava così una pratica di vita all’insegna dell’autonegazione e della rinuncia ai beni materiali, alla ricerca di quella meta spirituale che poi lo porterà alla fondazione della Missione “Speranza e Carità”. Parte da Palermo con l’intento di separarsi dalla società ma non dall’umanità, “andai via, scrive Biagio Conte, come si dice senza portarmi dietro né tetto né letto: niente di niente. Lasciai persino i documenti, poiché per me, non poteva e non doveva più esistere il sistema attuale di vita frenetica, materiale ed ingiusta”.
Durante il suo viaggio acquisì la consapevolezza che le persone individualmente sono portate alla generosità anche verso uno sconosciuto, in questo caso proprio lui che fu aiutato dai molti che gli offrirono lavoro, riparo, vestiario e alimenti. Biagio ricevette supporto grazie alla sua disposizione di animo: gentile e riflessiva. Un contraccambio rispetto alle parole di conforto che dispensava ai tanti sofferenti che incontrava nel suo viaggio. Dedicandosi all’agricoltura rese visibile al mondo come quel mestiere, che a lui donava pace e tranquillità, fosse proprio quello di Dio come ci dice Marcel Jousse. La sua vita fu un ritorno ad una esistenza semplice, al reale come avrebbe detto Gustave Thibon, in opposizione ai vincoli conformistici che la comunità impone. Con tutto ciò era pienamente consapevole che l’estraniamento totale è una condizione impossibile a chiunque e le interazioni tra individui sono ineludibili, perché essi relazionano i propri fini grazie alla collaborazione volontaria. Gli uomini infatti creano durante la loro esistenza una rete di relazioni per superare le difficoltà della condizione terrena, perennemente basculante tra precarietà e sicurezza.
Proprio per questo afferma “devo dimostrare agli uomini che, se ci si unisce facendo un minimo sforzo ed un piccolo sacrificio, si può fermare questo disastro, sia per dare una risposta vera allo stato e al sistema politico. Uno degli scopi della mia missione è proprio quello di lasciare un segno umano.” Ma quella che non fece mai difetto a fratel Biagio, fu la fede nella Provvidenza, in quella mano invisibile che nelle mille difficoltà, come lui stesso racconta, lo guidò, insieme al suo amato cagnolino, a cui aveva dato il nome di “Libertà”, prima da Palermo ad Assisi a piedi e poi nell’impresa di costruire la missione “Speranza e Carità” che a tanti bisognosi offre quel tetto e quel letto a cui lui aveva rinunciato.
Fratel Biagio fu un esempio di cavaliere errante armato di fede, lealtà, coraggio, cortesia, generosità, onestà, autodisciplina, senso della giustizia e pietà come efficacemente raccontato nel volume di Paolo Cilona “Fratel Biagio nella città dei Templi” presentato a Lucca Sicula domenica 25 febbraio a cura della parrocchia di Maria Santissima Immacolata in collaborazione con il Baliato di Santa Maria degli Alemanni dell’Ordine Teutonico e alla Real Compagnia della Beata Maria Cristina di Savoia, insieme all’anteprima del canto di lode “Fratel Biagio un angelo fra noi” composto dal M° Giuseppe La Rosa ed eseguito dal trio “Sicilia”.
Biagio fu un cavaliere “libertario” come i primi cristiani, che a prezzo della vita rivendicarono il diritto a professare la propria religione anche in opposizione ai culti ufficiali dello stato. Alfiere incomparabile di un umanitarismo cristiano e laico. Una fede non solo in Dio ma anche nella ragione umana, lui stesso sosteneva “ogni uomo porta con sé un grande dono, la ragione e per questo deve scoprirla., approfondirla, ampliarla e discuterla con altrettante persone senza nessuna rivalità gelosia.”
Biagio Conte fu il missionario laico, umanitarista e libertario che ancora oggi continua con il suo esempio a ispirare tanti che sulle sue orme continuano, come gli antichi cavalieri ospitalieri dell’Ordine Teutonico a “combattere, curare e guarire” i mali del mondo in nome di un cristanesimo dell’origine scevro degli appesantimenti e delle ipocrisie che gli uomini e non Dio hanno determinato.