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Cronaca

Dopo la sparatoria lo Sperone ora ha paura

di Marco Gullà -





Quartiere Sperone di Palermo.
Sono passati appena due giorni dalla sparatoria e dall’omicidio che ha scosso una delle periferie più calde e disagiate del capoluogo siciliano.
Dietro le violenze e la morte, un debito legato alle scommesse clandestine che ha scatenato il duello rusticano con Giancarlo Romano (la vittima, 37 anni) e il suo luogotenente Alessio Caruso 29 anni, rimasto ferito), condannato a cinque anni per estorsione da un lato, e dall’altro lato Camillo Mira e i figli Antonio e Pietro. Pugni, calci, ma soprattutto spari.
Lo Sperone è tornato a essere teatro di violenza, teatro che ha visto la morte di quello che era considerato come “astro nascente del panorama mafioso di Brancaccio” e che in passato era stato a fianco del boss Antonino Lo Nigro, quest’ultimo arrestato nel blitz “Tentacoli” di due anni fa.
Ed oggi, dopo la sparatoria di lunedì, molti residenti hanno paura, come ci spiega il parroco del quartiere Sperone: “Molta gente non esce da casa. Ha paura di ritorsioni. Alle istituzioni chiediamo una presenza che sia costante e non soltanto dopo le retate – dice Don Ugo Di Marzo – negli ultimi anni le retate hanno fatto sì, pulizia, ma non hanno portato una presenza diversa. Tutto è demandato al terzo settore, ai privati, alle parrocchie ma noi da soli non possiamo offrire l’alternativa di cui c’è bisogno oggi, ossia il lavoro”.
“Se vogliamo fermare il malaffare – prosegue il parroco – dobbiamo proporre un’alternativa: il malaffare è il cibo di tanti donne e uomini. Cosa segue gli arresti e le grandi retate? La gente ha bisogno di lavoro e finisce nelle mani della criminalità per questo”.
Le telecamere di sorveglianza, posizionate nelle zone in cui i conflitti a fuoco si sono svolti, in due punti di corso dei Mille, hanno aiutato la polizia a ricostruire quanto era accaduto e le persone coinvolte.
Le due frange si sono sfidate per le strade e i vicoli dello Sperone, tra la gente, tra i bambini che giocavano a pallone.
Scene da Gomorra, ma purtroppo reali.
“Chiediamo una presenza reale e quotidiana per fare un’alternativa – ha aggiunto Don Di Marzo – dobbiamo dire anche questo! Dobbiamo dare un’alternativa. La parrocchia si schiera contro lo spaccio di droga in maniera forte e decisa. Ma dobbiamo anche dall’altro lato capire che dobbiamo dare un’alternativa a chi si trincera sul fatto che in qualche modo deve portare il pane a casa. Non serve fare le commissioni antimafia o le grandi manifestazioni. Serve un lavoro sul territorio, capillare, per dare alternative a queste famiglie che sono tagliate fuori dal mondo del lavoro”.
Intanto allo Sperone i residenti hanno paura, alcune mamme non hanno mandato i figli a scuola in questi giorni, l’asfalto della periferia a sud di Palermo è “rovente”.
Si temono nuovi scontri, tra vendette e ritorsioni. E non è una serie tv.
È realtà: “Per adesso non esco proprio da casa – racconta un residente – scendo solo per andare a comprare il pane.
C’è troppo silenzio dopo l’omicidio e per chi vive il quartiere vi dico che non è una cosa positiva”.