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Cronaca

Chi l’ha visto? Daouda e gli altri. La Sicilia dei Desaparecidos

di Redazione -





Nessuno parla più di Daouda Diane ed a breve solamente in pochi continueranno a ricordarlo e a porsi qualche domanda su cosa sia accaduto il 2 luglio del 2022 ad Acate dove l’ivoriano di 37anni è stato visto l’ultima per poi sparire nel nulla.

Le speranze di ritrovarlo in vita sembrano finite e la Procura si trova sul punto di gettare la spugna. Lo stesso ex Procuratore di Ragusa, Fabio D’Anna, adesso trasferito a Caltanissetta, non esclude che le indagini per omicidio colposo possano presto risolversi in un provvedimento di archiviazione. “Abbiamo indagato in tutte le direzioni, abbiamo svolto accurate indagini tecniche ma non è emersa alcuna pista utile” sono le ultime dichiarazioni di D’Anna. “Abbiamo passato al setaccio il cementificio, le abitazioni, le pertinenze, i telefoni cellulari, i computer, i mezzi di trasporto, persino i vestiti. Non è emerso assolutamente nulla”.

Un mistero quello di Daouda che prima di sparire ha registrato un paio di video inviati con il telefonino ai suoi familiari in Costa D’Avorio denunciando le precarie condizioni di lavoro all’interno della ditta SGV Calcestruzzi Srl di Acate dove sarebbe stato assunto come faccendiere senza contratto regolare. Dopo quei video non sarebbe più tornato a casa dove sono rimasti i soldi, i vestiti, i documenti, il passaporto. Sul comodino anche il biglietto aereo già acquistato perché a breve sarebbe ritornato dalla sua famiglia, in Costa D’Avorio, dove vive la moglie ed il figlio di 9 anni, che non vedeva da quattro anni. Accanto ai biglietti anche 250 euro che Daouda aveva messo da parte per pagare l’affitto dell’appartamento che condivideva con il connazionale Doucoure Macire. Ed è da quest’ultimo che sono emersi altri elementi d’indagine. 

Pare infatti che Daouda Diane, oltre che ai suoi parenti, abbia inviato il video anche a Macire. Nel filmato l’ivoriano dice: “Ecco dove Binguiste (che in ivoriano significa “africano che vive in Europa”) lavora” e continua dicendo “bugiardo e maledetto”. Daouda guadagnava 1.300 euro al mese come mediatore culturale, ma sembra che non gli bastassero. Doveva pagarsi l’affitto, mantenere la famiglia in Costa D’avorio e forse quei soldi ultimamente gli servivano anche per altro. Sono rimaste senza risposte domande decisive: perché affermava di lavorare al cementificio dove si era recato solo due volte e senza contratto? Perché quegli insulti ed a chi erano indirizzati? Quello che è emerso è che Daouda aveva in corso un procedimento penale come persona offesa per il reato di minacce da parte di un’altra persona anch’essa straniera. Non si esclude che quegli insulti fossero indirizzati proprio ad uno dei destinatari del video che avrebbe ingannato Daouda promettendogli vita e lavoro dignitosi. 

Tutto qui. L’inchiesta per il momento è ferma, ma non è conclusa, anche se effettivamente le speranze di trovarlo in vita sono minime. Ma non quelle di riuscire a fare luce su quanto accaduto un anno fa. Lo chiedono i familiari di Daouda, la moglie Awa ed il fratello che attualmente, vista l’impossibilità di essere rappresentati legalmente in Italia, non possono neanche costituirsi parte civile in un eventuale processo. Le loro uniche speranze attualmente sono riposte nel legale messo a disposizione dal sindacato USB ma l’iter è ancora lungo. La famiglia infatti ha problemi anche a recarsi in Consolato in Costa d’Avorio per depositare la delega utile all’avvocato e avviare la rappresentanza legale. A sposare la causa di Daouda Diane e della sua famiglia figura anche don Luigi Ciotti, che con Libera ha rivolto un accorato appello alle istituzioni a non smettere di cercare la verità su quanto accaduto a Daouda, scomparso nel nulla dopo aver girato il video in un cementificio. L’appello di don Ciotti è rivolto a tutti. Ai magistrati che hanno in mano l’indagine, agli abitanti di Acate. “Chi sa parli. Almeno diteci dove lo avete sepolto. Diteci dove si trova il suo corpo perché possiamo tutti fermarci, interrogarci, guardarci dentro”.