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Catania, bimbo di 5 anni frustato in casa: complice la madre

di Alessandro Fragalà -





A Catania, ultimamente, sembra non esserci fine al peggio: anche in questo caso protagonista, anzi vittima, è un minorenne, ma in questo caso i contorni sono ancora peggiori perché si tratta di un bimbo di appena 5 anni e perché i fatti e le violenze avvenivano in casa, dinanzi agli occhi della mamma. Complice e compiacente. Il bimbo presenta incontrovertibili segni di reiterate violenze”, con “numerose escoriazioni profonde a forma di ‘U’, da verosimili frustate”. È quello che la Questura di Catania ha accertato dopo aver approfondito e documentato la denuncia presentata lo scorso 14 febbraio (proprio nel giorno di San Valentino) da una dirigente scolastica che aveva segnalato un bimbo di anni 5, alunno del suo istituto, con evidenti segni di frustate ricevute nella schiena e nelle gambe e lo aveva immediatamente portato al pronto soccorso dell’ospedale Garibaldi-Nesima per ricevere le cure del caso. La scoperta scioccante che, concluse le indagini, ha portato all’arresto, con l’accusa di maltrattamenti e lesioni personali pluriaggravate, della mamma del bambino, una donna di 28 anni, e di una fantomatica zia di 23 anni, entrambe di nazionalità nigeriana con regolare permesso di soggiorno.

LE INDAGINI
Dalle indagini della squadra mobile di Catania, però, sono emersi altri particolari che rendono ancor più complicata e difficile la questione, e soprattutto accertano come non si sia trattato di un episodio sporadico, ma di violenze perpetrate nel tempo. E’ emerso, infatti, come la “zia”, una donna che in realtà non ha alcun legame di parentela con la vittima, avrebbe picchiato il bambino con dei cavi elettrici per punirlo per aver commesso “banali capricci e non meglio specificate monellerie”. Secondo quanto raccolto dagli inquirenti, la madre era presente durante le sevizie e, cosa forse ancor più grave, “non si adoperava per evitarle, per impedirle o per segnalarle ai preposti organi istituzionali al fine di scongiurarne ogni possibile reiterazione”. In sostanza la donna assisteva inerme alle sevizie che subiva il figlio.

LO SFOGO DEL BIMBO DI 5 ANNI
Altro particolare che non lascia indifferenti è la lucidità con cui il bambino ha raccontato tutto quello che accadeva e che subiva ai medici dell’ospedale Garibaldi-Nesima di Catania e agli agenti della polizia. Il piccolo avrebbe raccontato “di essere stato percosso dalla zia (…) diverse volte tramite un cavo nero (…) di ricarica della bicicletta elettrica di proprietà della madre (…). Il bimbo ha anche raccontato come questi segni gli sarebbero stati provocati più volte da quella che lui chiamava zia, ma che in realtà non lo era per sangue, più volte per punirlo delle sue disobbedienze.

IL REFERTO MEDICO
Gli esami medici, oltre alle escoriazioni a forma di U, sono state riscontrate sul corpo del bambino “evidenti e numerose cicatrici e lesioni pregresse in via di risoluzione, diffuse sul tronco, sugli arti superiori e inferiori, sul torace e sull’addome”. Ma non solo: secondo i medici le lesioni più recenti presentavano croste sovrastanti ormai asciutte, con visibile cute rosea di nuova formazione, sottostante. Altre escoriazioni recenti sono state refertate a livello della zona mediale, sulle cosce, a livello delle spalle e delle braccia. Una serie di ferite per cui, al piccolo, è stata data una prognosi di 15 giorni. Ferite curabili, quelle del corpo. Verosimile, invece, pensare che per sanare le ferite, profonde, nella psiche del bimbo, serviranno anni. Anche per questo la situazione, dagli inquirenti, è stata definita allarmante, tanto da fare in modo che il fermo delle due donne, eseguito dal personale della squadra mobile, si trasformasse in arresto e nel conseguente detenzione nella casa circondariale di Piazza Lanza. Fondamentale, in questo senso, l’intuito della dirigente scolastica che, appena accortasi delle ferite sul corpo dell’alunno, ha immediatamente interpellato le forze dell’ordine. Il bimbo di 5 anni, affidato ad una comunità, è seguito costantemente da assistenti sociale e psicologi dell’infanzia. C’è, però, da riflettere sul contesto di degrado e di disagio sociale in cui questa storia ha trovato compimento. Un panorama desolante di violenza che va oltre la nazionalità delle due donne.