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Mozione di sfiducia bocciata, Schifani resiste ma l’Ars resta sotto scacco politico e giudiziario

di Vincenzo Migliore -





L’Assemblea Regionale Siciliana ha respinto la mozione di sfiducia nei confronti del presidente Renato Schifani con 41 voti contrari e 26 favorevoli, a scrutinio palese. Il governatore, presente in Aula, ha votato contro se stesso, suggellando con un gesto simbolico l’ennesimo atto di sopravvivenza politica di un governo sempre più logorato dagli scandali e dalle tensioni interne.

La seduta, iniziata alle 14 in punto, è stata segnata da un clima teso, quasi surreale: mezz’ora prima del dibattito, il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno riceveva dalla Procura di Palermo la notifica della richiesta di rinvio a giudizio per corruzione e peculato. Una circostanza che ha gravato come un’ombra sul pomeriggio parlamentare, rendendo il voto finale qualcosa di più di una semplice conta numerica.


Schifani: “Cuffaro? Uno scossone per la politica”

Nel suo intervento, Schifani ha provato a difendere la propria linea: «Tutto parte dalla vicenda che ha coinvolto l’ex presidente Cuffaro, uno scossone per la politica – ha detto –. La mia è stata una scelta di strategia politica, in attesa che si faccia chiarezza su un partito accusato di avere usato il suo ruolo per altri fini».

Sul caso Galvagno, il governatore ha invocato prudenza: «Fin quando non ci sono sentenze, bisogna attendere». Poi ha rivendicato la “trasparenza” del suo esecutivo, citando i bandi su termovalorizzatori e polo pediatrico: «Di questo risponderemo ai cittadini siciliani, non alle opposizioni».

Ma la difesa del presidente non ha convinto gli avversari, né ha placato le fibrillazioni all’interno della stessa maggioranza, già segnata da settimane di sospetti incrociati e silenzi imbarazzati.


Cracolici: “Un presidente senza autorevolezza”

Durissimo Antonello Cracolici (Pd), che ha accusato il governo di aver trasformato la Sicilia in “terra di predatori”: «Il presidente Schifani è inadeguato a fare questo mestiere. In questi mesi la Regione è frequentata da faccendieri e intermediari di professione, interessati solo a fare soldi sugli interessi pubblici. È un presidente che non potrà più essere esempio per nessuno».

Michele Catanzaro, capogruppo Pd, ha rincarato: «Questo governo naviga a vista. Non si possono fare altri due anni così».


De Luca e La Vardera: l’opposizione alza la voce

Il fronte delle opposizioni si è mostrato compatto ma non privo di sfumature. Il capogruppo M5S Antonio De Luca ha definito la mozione “una reazione etica e obbligata” di fronte a un esecutivo “travolto dagli scandali e privo di visione”.

Ancora più tagliente Ismaele La Vardera (Controcorrente): «È stata una seduta ridicola. Un presidente che entra, esce, e a tratti dorme. Una maggioranza aggrappata alle poltrone. Io non mi arrendo: davanti a tutti questi indagati continuerò a fare opposizione coerente». In aula, durante il suo intervento, Schifani si era momentaneamente allontanato, provocando l’ira del deputato: «Lei fugge dal disastro».

Il leader di Sud chiama Nord, Cateno De Luca, ha confermato il voto favorevole alla sfiducia ma ha lanciato un monito al centrosinistra: «È l’ultima possibilità che concedo all’opposizione. Dal primo gennaio andrò avanti da solo nel mio progetto di liberazione».


Galvagno: “Valuto il giudizio immediato”

Il presidente dell’Ars, travolto dalle vicende giudiziarie, ha parlato in serata cercando di smorzare i toni: «Siamo sereni, valuto il giudizio immediato per chiarire tutto il prima possibile. Ricordo che sono cadute tutte le utilità personali. Mi auguro di poter risolvere presto».

Parole che non bastano però a dissipare la sensazione di un’istituzione in affanno, dove l’odore delle indagini si mescola al logorio politico.


Calenda: “Regione fuori controllo”

Da Roma, Carlo Calenda (Azione) ha definito “fuori controllo” la gestione della Regione siciliana: «Incompetenza, clientelismo e corruzione hanno raggiunto un livello che non si vedeva da decenni».

Fabrizio Micari (Italia Viva) ha parlato di “sistema marcio”: «Tutte le forze di maggioranza hanno esponenti sotto processo o inchiesta. Non è un problema di nomi, ma di cultura politica».


Epilogo: un governo che sopravvive ma non convince

Alle 18:40 l’esito era già chiaro: mozione respinta, applausi stanchi nei banchi del centrodestra, fischi e cartelli tra le opposizioni. Gli assenti – Ferrara, De Leo e Pace – non avrebbero comunque cambiato il risultato.

Schifani incassa l’ennesima fiducia numerica, ma perde ancora terreno sul piano politico e simbolico. Un presidente che resiste ma non guida, circondato da un’alleanza più attenta agli equilibri che alle riforme.

Come ha detto Cracolici, «la forza dell’esempio è ciò che manca». E mentre a Sala d’Ercole si spegnevano i microfoni, la sensazione diffusa era quella di una tregua precaria, in una Sicilia sempre più disillusa davanti a un Palazzo che sembra aver smarrito il senso della responsabilità.