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Schifani difende la linea della fermezza: “Decisione dolorosa ma doverosa. Io vado avanti”

di Vincenzo Migliore -





È un presidente della Regione determinato ma consapevole del peso politico e morale delle proprie scelte, quello che emerge dall’intervista di Renato Schifani al quotidiano La Sicilia. Dopo giorni di riflessioni e di pressioni interne alla maggioranza, il governatore ha firmato la revoca degli assessori della Democrazia Cristiana, Nuccia Albano e Andrea Messina, prendendo così le distanze da un partito travolto dalle inchieste giudiziarie che hanno coinvolto i suoi vertici, a partire dal fondatore Totò Cuffaro.

“È stata una decisione dolorosa ma inevitabile – spiega Schifani –. Ho atteso qualche giorno, ma la linea della trasparenza e della credibilità istituzionale per me non è negoziabile. I fatti contestati alla Dc riguardano un presunto ‘sistema partito’, e non singoli comportamenti. È una questione di principio e di rispetto nei confronti dei siciliani che mi hanno eletto”.

Il presidente rivendica una scelta “politica, non giudiziaria”, motivata – dice – “dall’incompatibilità della presenza in giunta di un partito i cui vertici sono indagati per fatti che, indipendentemente dagli sviluppi processuali, hanno una loro pregnanza e impatto sull’opinione pubblica”. Nessuna crisi, però, per il resto della squadra di governo: “Non ho mai pensato ad un azzeramento. Chi lavora bene deve continuare. La nostra azione amministrativa va avanti e i risultati sono visibili”.

Schifani respinge anche ogni ipotesi di dimissioni o di ritorno anticipato alle urne, come avvenuto di recente in Calabria con il presidente Occhiuto. “Non ne vedo i motivi. Sarebbe irresponsabile lasciare la Sicilia senza guida per un fatto personale. Finché avrò una maggioranza continuerò a governare con equilibrio e senso del dovere. Se dovessi perderla, ne prenderei atto”.

Poi un passaggio personale, quasi a voler ribadire la propria idea di servizio pubblico: “Non ho mai pensato di abbandonare i ruoli che ho assunto. Ho sempre agito con responsabilità, sia da presidente del Senato che da capogruppo, e anche quando ero all’opposizione. Non ho mai cercato premi, ma fatto il mio dovere con convinzione, commettendo magari errori, ma con determinazione e rispetto delle istituzioni”.

Toni molto diversi arrivano invece dal fronte delle opposizioni. Il leader di Azione, Carlo Calenda, attacca duramente: “Se Schifani avesse un minimo di decoro e decenza si sarebbe già dimesso. Ma il problema va oltre la Dc di Cuffaro: è un intero sistema regionale basato sul clientelismo e sulla corruzione. La Sicilia non riesce più a garantire i servizi fondamentali ai cittadini. Per questo chiediamo il commissariamento della Regione e stiamo raccogliendo le firme per un appello pubblico”.

Tra la difesa d’orgoglio del governatore e la requisitoria del leader di Azione si staglia, ancora una volta, il fragile equilibrio della politica siciliana: una terra dove l’eterno conflitto tra moralità e potere torna ciclicamente a bussare alle porte di Palazzo d’Orléans.