Omicidio a Palermo, fermato il cognato di Stefano Gaglio: «Ha confessato»
La polizia non ha dubbi: l’omicidio di Palermo è legato, secondo gli inquirenti, alla faida familiare riguardante un villino che ha contrapposto Giuseppe Cangemi, 62 anni, al cognato Stefano Gaglio, 39 anni, magazziniere della farmacia Sacro Cuore di via Oberdan, ucciso a colpi di pistola davanti al suo posto di lavoro.
Cognato attende la vittima davanti alla farmacia
Erano le 9.07 di lunedì 15 settembre quando Gaglio ha parcheggiato il suo scooter davanti all’ingresso posteriore della farmacia. Ad attenderlo, pistola in pugno, un uomo robusto con maglietta rossa e giacca blu. Tre o quattro colpi di revolver lo hanno colpito a morte sotto lo sguardo attonito dei passanti e delle telecamere di sorveglianza. Il killer si è allontanato con calma, prima a piedi e poi in sella a uno scooter.
Le immagini – nitide – hanno consentito alla squadra mobile, guidata dal dirigente Antonio Sfameni e coordinata dal pm Maurizio Bonaccorso, di risalire rapidamente a Cangemi. Ricerche serrate a casa, nel rione Kalsa, e sul posto di lavoro alla Rap, dove non si era presentato. È stato rintracciato a Carini nel pomeriggio.
La confessione e i rancori familiari
Condotto negli uffici di polizia, davanti al magistrato e al suo avvocato Salvino Pantuso, l’uomo ha ammesso le proprie responsabilità, anche se in maniera confusa, sostenendo di non ricordare bene la dinamica. Alle 23 è scattato il fermo per omicidio: ora si trova in carcere in attesa della convalida del gip.
Il movente sembra ruotare intorno all’ennesima lite per la gestione del villino donato dal suocero di Gaglio alla figlia. Una decisione che aveva spaccato la famiglia. Nei giorni scorsi un nuovo scontro al telefono, condito da insulti reciproci, avrebbe innescato la furia di Cangemi.
Il movente dell’omicidio Palermo cognato e i rancori familiari
Stefano Gaglio lascia la moglie e due figli. Il quartiere è sconvolto per la ferocia di un omicidio consumato in pieno giorno, davanti a decine di testimoni e dentro il tessuto fragile di un conflitto familiare degenerato in sangue.
La polizia continua a cercare l’arma del delitto, un revolver che non ha lasciato bossoli a terra. Gli investigatori vogliono chiarire se il piano di morte sia stato premeditato da tempo e se dietro la lite per l’eredità si nascondano altre tensioni mai sopite.
Un delitto di mafia? Cangemi in passato era stato coinvolto in un’inchiesta a Brancaccio, ma le accuse erano cadute. Oggi la storia è diversa: non affari di clan, ma un odio domestico diventato tragedia.
