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L’Identità dei siciliani

di Andrea Fiore -





C’è una cosa che non si può dire di noi siciliani: che siamo tutti uguali. Basta guardarsi intorno, in piazza o alla fermata dell’autobus, per accorgersi che il tratto somatico siculo non esiste. Nasi dritti come scimitarre, zigomi saraceni, occhi chiari che parlano normanno, riccioli cartaginesi, carnagioni spagnole, sopracciglia borboniche. La verità è che siamo stati dominati da chiunque, tranne che da noi stessi. Ed è proprio lì, in quell’eterna passività, che abbiamo costruito il nostro carattere attivo.

Plasmati dalla storia

Perché mentre il mondo ci disegnava addosso la storia, noi ci siamo ritagliati un’identità. Una presenza forte, autorevole, che ti guarda con una certa ironia da dietro le ciglia, anche quando è vestita da postino, netturbino o barista col caffè lungo. In ogni siciliano c’è una nobiltà tragicomica, anche in chi non ha mai letto un libro e infatti, quando un siciliano arriva al nord, non è un meridionale: è un siciliano. È un’identità a parte, più riconosciuta, più temuta, più rispettata. Anche se non fa nulla. Anzi, soprattutto se non fa nulla. La verità, se vogliamo dirla senza offendere nessuno, è che il siciliano medio passa la vita cercando il modo di non lavorare. Che non vuol dire essere pigri , per carità, significa impegnarsi in una fatica immane per evitare la fatica vera.

Un’arte sottile

Una corsa a ostacoli in cui si salta il dovere con slancio creativo, si inventano scuse, si aprono parentesi, si aggirano regole, si filosofeggia al bar alle 9 del mattino con una flemma da professore universitario stanco. “Megghiu ca mi staiu fermu, sinnò fazzu dannu”, è la nostra scusa preferita. E forse anche il nostro manifesto antropologico. Perché nel tentativo, quasi spirituale, di non “sottostare”, consumiamo più energie che se ci fossimo rassegnati a lavorare davvero. Ma no! Sarebbe troppo semplice. Meglio sfinirsi a cercare una via laterale o magari inventarsela. E in quella fatica del non fare, ci sono genialità, orgoglio e principi personalissimi. C’è l’identità, appunto. Siamo figli di nessuno e padri di tutti e anche se le cose vanno male, non ce la prendiamo mai del tutto, perché la nostra speranza ha l’umiltà di non urlare. Siamo un popolo che ride amaro e resta in piedi, con le mani in tasca e la dignità al petto, forse è proprio per questo, non smetteremo mai di essere siciliani.

Uno specchio fedele per i siciliani

L’Identità Sicilia, questo giornale che porta nel nome la nostra radice più profonda, nasce per raccontare proprio questo: un popolo che non si lascia spiegare facilmente, ma che merita di essere ascoltato.
Uno specchio fedele, a volte ironico, a volte graffiante, di una Sicilia che non cerca approvazione, ma verità. Che non ha bisogno di farsi bella, perché nella sua contraddizione è già affascinante.
Perché noi siciliani siamo così: orgogliosi, stanchi, geniali, complicati, a volte fermi, ma mai spenti.
E se c’è un luogo dove tutto questo può essere detto e scritto, è proprio qui, su queste pagine.