Termini Imerese, gli ex operai: “Non abbiamo futuro ma lottiamo ancora”
Antonio guarda fisso il cancello da troppi anni ormai chiuso. Tempo fa era la porta di un lavoro sicuro, mai nessuno a Termini Imerese avrebbe pensato ad un epilogo così avverso. Antonio di anni ne ha 54 ed è in cassa integrazione da dodici, vorrebbe tornare a lavorare anche perché “le ore non passano mai” ci racconta. “Vorrei solo alzarmi la mattina e andare a lavorare come tutti, ma ogni giorno è praticamente lo stesso. Non posso nemmeno cercarmi un altro lavoro – afferma Antonio – perché perderei il sussidio e senza quello non potrei nemmeno pagare la casa. Sono in un limbo, bloccato. Attendo buone notizie su queste nuove proposte per rilevare lo stabilimento ma vi dico che non sono fiducioso, da troppi anni aspettiamo, da troppi anni siamo in attesa di qualcosa che puntualmente non arriva”. Di storie come quella di Antonio, ce ne sono tante a Termini Imerese. “Un cimitero commerciale” lo definisce Paolo, 63 anni e la speranza di poter ormai accarezzare la pensione anche senza aver più lavorato: “Anche io sono un ex operaio Fiat, da quando sono andati via loro è cambiato tutto. L’area potrebbe essere sfruttata ma invece non lo è. Si parla sempre di reindustrializzazione ma passano gli anni e non cambia praticamente nulla, siamo ormai stanchi, esausti. Sto per andare in pensione, forse riesco a salvarmi, ma avrei tante domande da fare a chi ci ha lasciato così”. E poi c’è chi come Francesco Calvagna ha iniziato a lavorare per la Fiat di Termini quando aveva poco più di 25 anni: “Era il lavoro della vita, in paese quando si entrava a lavorare per la Fiat si pensava che ci avrebbe accompagnato fino alla pensione”. Poi però cambia tutto: “Da dodici anni che siamo in cassa integrazione, senza nessuna risposta. Ho 50 anni, ma chi me lo deve dare un lavoro in questo momento? Siamo troppo giovani per la pensione e vecchi per un altro lavoro, siamo in un limbo”. Si commuove Francesco guardando lo stabilimento ormai dismesso: “Non pensavo finisse così. La cosa brutta è che non possiamo davvero fare altro, se lavorassimo in nero rischieremmo di perdere anche il sussidio, quindi abbiamo le mani legate”. Ma la cassa integrazione non permette a molte famiglie nemmeno di arrivare alla terza settimana del mese: “Dopo quindici giorni abbiamo già finito tutto – dice Salvatore Glorioso, operaio Blutec – per tirare avanti dobbiamo chiedere soldi ai genitori. Abbiamo iniziato a lavorare quando i figli erano piccoli o nemmeno c’erano, adesso ce li ritroviamo che vanno all’università, ma tutto ha un costo e a volte non sappiamo davvero come fare. Percepiamo circa mille euro al mese, ho anche il mutuo da pagare che feci ai tempi di quando si lavorava stabilmente, con l’aumento dei prezzi sono davvero disperato”.
Eppure i lavoratori dell’ex Fiat non vogliono mollare, vanno avanti con manifestazioni e proteste che ormai si susseguono da anni: “Dopo 12 anni siamo sempre in attesa di una soluzione industriale e occupazionale per i lavoratori diretti e dell’indotto ma soprattutto per una soluzione per il territorio – afferma Roberto Mastrosimone, operaio e segretario Fiom Cgil di Palermo – dopo l’abbandono della Fiat, con l’annuncio a palazzo Chigi nel 2009, è stato un susseguirsi di annunci senza mai concretizzare una soluzione industriale seria. Oggi in attesa di una soluzione industriale ci sono i lavoratori diretti 560 e i circa 200 dell’indotto. Il 25 gennaio si terrà l’ennesimo incontro presso l’assessorato alle Attività Produttive per valutare le proposte che hanno partecipato al bando pubblico per l’acquisizione dell’ex stabilimento e per la rioccupazione dei lavoratori tutti. Per noi è fondamentale la reindustrializzazione con la rioccupazione dei lavoratori ma soprattutto che finalmente ci possa essere una soluzione industriale concreta”. La Fiat – gradualmente – si sta allontanando dall’Italia, gli operai di Termini già nel 2009 auspicavano che le case automobilistiche straniere potessero introdursi nel mercato italiano: “Oggi credo ci siano tutte le condizioni per aprire il mercato della produzione auto a case automobilistiche straniere – aggiunge Mastrosimone – questa soluzione era stata posta dalle organizzazioni sindacali dopo l’annuncio della chiusura dello stabilimento Fiat di Termini Imerese. Purtroppo la politica governativa è stata subalterna alla Fiat e questi sono i risultati della produzione di auto in Italia”. Operai e sindacati attendono risvolti, sperando di poter tornare a varcare i cancelli di un posto che per loro è “famiglia”.