Commercio in crisi: in Sicilia chiusi quasi 29mila negozi in 5 anni
L’onda lunga della crisi del commercio travolge anche la Sicilia. Secondo uno studio di Confimprese Italia basato sui dati dell’Osservatorio nazionale del commercio del Mise, tra il 2019 e il 2024 hanno chiuso 28.746 attività. Un numero che fotografa la desertificazione dei centri urbani e che, dietro le cifre, nasconde migliaia di drammi familiari e lavorativi.
Il vicepresidente vicario di Confimprese Italia e coordinatore regionale per la Sicilia, Giovanni Felice, parla di “ecatombe dei negozi fisici”:
“Ogni azienda che chiude genera drammi personali e familiari che rischiano di diventare sociali. Se in ogni impresa ci sono almeno quattro addetti, significa che 1,4 milioni di famiglie in Italia hanno perso il lavoro. È un disastro silenzioso che si consuma giorno dopo giorno”.
Le province più colpite dalla crisi del commercio
Se a livello nazionale il saldo negativo in cinque anni è di oltre 53mila negozi, la Sicilia non fa eccezione. Nel quinquennio considerato il saldo isolano è di -2.175 esercizi commerciali, ma il dato più preoccupante riguarda l’ultimo triennio, con -2.875 chiusure: segno che la crisi si è aggravata proprio dopo la fase Covid.
Le province più colpite sono Catania (6.740 cessazioni) e Palermo (6.439). Seguono Messina, Siracusa, Ragusa e Trapani con valori compresi tra le 2.000 e le 2.500 chiusure. Solo Enna e Caltanissetta si mantengono sotto questa soglia.
Cause della crisi tra e-commerce e consumi in calo
La pandemia ha agito come acceleratore. Secondo Confimprese Italia, gli aiuti statali sono stati insufficienti e hanno soltanto rinviato il problema della liquidità. A questo si aggiungono fattori strutturali:
- il boom degli acquisti online, con le aziende digitali raddoppiate da 23.860 a 45.265;
- la crisi dei consumi, compressi dall’inflazione e dalla precarietà economica delle famiglie;
- l’assenza di politiche di sostegno al commercio fisico.
“Non si tratta di fermare il futuro – osserva Felice – ma di riequilibrare lo squilibrio tra commercio online e fisico. I negozi non sono solo punti vendita, ma presidii di socialità, sicurezza e identità per i nostri centri storici”.
Le proposte di Confimprese Italia
Per invertire la rotta, Confimprese avanza alcune soluzioni:
- un Fondo nazionale per finanziare reti di esercizi commerciali;
- piattaforme e-commerce comuni e promozioni coordinate;
- sostegno ai mercati storici e al commercio su aree pubbliche;
- contributi a fondo perduto fino al 70% delle spese ammissibili;
- un monitoraggio annuale degli effetti delle misure da parte del Parlamento.
Sicilia e il futuro del commercio
Il rischio, secondo Confimprese, è che i centri storici siciliani diventino gusci vuoti, privi di vita sociale e turistica. In una regione dove il piccolo commercio ha rappresentato per decenni l’ossatura economica e culturale delle città, la sfida diventa politica e sociale prima ancora che economica.
“Dobbiamo agire subito – conclude Felice – perché dietro ogni serranda abbassata non c’è solo un’impresa, ma un pezzo di comunità che scompare”.
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