PRIMA PAGINA- Strage sul lavoro a Casteldaccia 5 operai morti uno dopo l’altro
di ANGELO VITALE
I nomi dei morti vengono dopo quello del luogo, che da oggi sarà ricordato come Brandizzo, Firenze, Suviana. Altri morti sul lavoro, a Casteldaccia nel Palermitano, nei pressi della casa vinicola Corvo di Salaparuta. Erano cinque operai, rimasti intossicati mentre stavano eseguendo dei lavori di manutenzione in una condotta fognaria dell’Amap. Un sesto operaio è grave, in ospedale come il settimo superstite. Si chiamavano Epifanio Assazia, Giuseppe La Barbera, Giuseppe Miraglia, Roberto Raneri e Ignazio Giordano. Il primo, anche contitolare della Quadrifoglio Group di Partinico che lavorava in subappalto per l’Azienda municipalizzata che gestisce condotte idriche e fognarie di Palermo. E che passa da uno scandalo giudiziario a una catena di morti. Nel 2023 un’inchiesta della Procura europea su un prestito di 19 milioni ottenuto dalla Bei nascondendo ripetute violazioni ambientali, anche penali. Per finire, il 3 giugno prossimo, sul banco degli accusati nel via del processo a Palermo: imputati il dg Giuseppe Ragonese, Alessandro Di Martino, attuale amministratore unico, e Maria Concetta Prestigiacomo ex vertice da marzo 2014 a marzo 2019.
“C’è uno schema che si ripete”, dicono i sindacati. E pensano alla prevenzione e alla sicurezza Alfio Mannino, Sebastiano Cappuccio e Luisella Lionti di Cgil, Cisl e Uil Sicilia: “Dovrà essere chiarito se le norme sulla sicurezza sono state rispettate e le conseguenti responsabilità delle ditte e del committente”. Morti sul lavoro in crescita, in Sicilia e in Italia: 1.043 lo scorso anno, nell’intero Paese.
C’è un precedente con una tipologia analoga, nell’isola. Nel giugno 2008, furono sei gli operai morti a Mineo, in provincia di Catania, mentre pulivano una vasca del depuratore. C’è uno schema che si ripete, diciamo noi, anche nelle abituali reazioni e nell’intera questione. Il cordoglio unanime, addirittura – a campagna per le Europee partita – la ricerca di un improbabile e unanime impegno per superare “il cordoglio che non basta”. Le carenze di organico negli ispettorati del lavoro. E quindi i controlli che non ci sono. I subappalti. E un committente che non sa cosa fa la ditta all’opera. Cosa sapeva Alessandro Di Martino di cosa avesse deciso stamattina Assazia, per sé e per tutti i suoi operai? Una domanda non da poco, se già ieri i vigili del fuoco, scesi con imbracature e maschere d’ossigeno nella condotta della morte, dicevano “Potevano salvarsi”. E allora – le parole contano sempre – la “tragedia” non era “inaspettata” come l’ha definita l’accorato commento del governatore della Regione Siciliana Renato Schifani. La sicurezza sul lavoro in Italia non viene controllata come dovrebbe, lo dicono i numeri dei decessi. Facciamocene una ragione tutti. Per pudore, chi può e dovrebbe invertire la rotta di questa continua strage a orologeria, dovrebbe osservare il silenzio fino a quando vedremo ispettori del lavoro ovunque. E committenti cui non sarà più consentito di tirare via la propria responsabilità personale addossandola ai titolari delle ditte piccole e grandi cui vengono subappaltate ovunque le opere.
Per il resto, a Casteldaccia prima del dolore parla la cronaca. Gli operai sarebbero morti uno dietro l’altro, scendendo ogni volta a verificare perché i compagni di lavoro non rispondevano o non risalivano. I controlli sanitari sui due superstiti ricoverati in ospedale riveleranno quale tipo di esalazione li ha uccisi mentre si calavano nei liquami, se di metano o di idrogeno solforato. Sul posto, per il procuratore della Repubblica di Termini Imerese, Ambrogio Cartosio, il lavoro più impegnativo, a coordinare l’attivazione dei sopralluoghi dei vigili del fuoco nella condotta della morte e gli accertamenti dei tecnici dell’Asl addetti a quel “Servizio Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro” che, a scriverlo, diventa una beffa. I politici, il sindaco palermitano Lagalla, l’assessora regionale Albano, impegnati a a fare dichiarazioni e a provare a portare conforto ai parenti delle vittime.