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PRIMA PAGINA- Saracinesca giù per i negozi in Sicilia: 864 solo nel 2024

di Redazione -





CLAUDIA MAARI
Un quadro, preoccupante, emerge dal bilancio tracciato da Confimprese sull’andamento dell’economia, italiana e siciliana. Perché i dati parlano chiaro.
I negozi chiudono i battenti, per mancanza di clientela e di tutele e la conseguenza – tra le altre – si vede dello svuotamento centri delle città. In Sicilia vi è un aggravarsi di questa situazione, che fa preoccupare le comunità insieme allo svuotamento delle città, dal lato della popolazione. Ne avevamo parlato tra le nostre pagine: l’invecchiamento e la denatalità dell’Isola ha fatto registrare uno spopolamento record, che coinvolge anche chi dalla Sicilia se ne va per ragioni di lavoro e di formazione. E non ritorna.
E così, non solo si contano sempre meno isolani, ma anche sempre meno attività commerciali. E come in tutto il resto della Penisola, anche in Sicilia e nel capoluogo, il commercio soffre più degli altri settori. Dal bilancio tracciato da Confimprese Italia sull’andamento dell’economia emerge che da dicembre 2021 a oggi le imprese in attività in Italia sono diminuite di 75.015 unità e di queste ben 7.800 nei primi quattro mesi del 2024.
“E in Sicilia la situazione non è meno drammatica”. A dirlo è Giovanni Felice, coordinatore di Confimprese Sicilia. “Negli ultimi tre anni sono venute a mancare 1.581 aziende e preoccupa molto il fatto che 1.067 di queste abbiano chiuso i battenti nei primi quattro mesi del 2024”.
“Una nota positiva – prosegue -, e in controtendenza, arriva dalla provincia di Palermo dove il saldo attuale, rispetto al dicembre 2019, è positivo anche se solo per 16 unità e va registrato che al 31 dicembre 2023 il saldo positivo era molto più consistente in quanto era positivo per 1324 unità. Fenomeno dovuto all’exploit dell’edilizia e dovuto agli incentivi legati al Superbonus”.
Questo tuttavia, non basta per quella che si auspica, soprattutto dopo il periodo pandemico, come una ripresa economica. Ma l’onda lunga degli effetti della pandemia continua a farsi sentire, anche alla luce del fatto che le “cambiali” sono state spostate in avanti, e le difficoltà nel recuperare iniziano a toccarsi con mano.
Il commercio soffre, come detto, e infatti sono 2873 in meno le aziende commerciali a livello regionale con un saldo negativo di ben 864 solo in questi primi mesi del 2024.
Un quadro che per il coordinatore non viene per nulla agevolato “dagli ultimi interventi normativi votati all’Ars e dalle politiche messe in campo dall’Assessorato competente, in quanto mirate a favorire le imprese più strutturate e la grande distribuzione. Anche in tema di incentivazione – continua – e sostegno, il piccolo commercio sia in sede fissa che su aree pubbliche, è penalizzato per non dire che è completamente escluso dalle prospettive di rilancio”.
Anche perché, gran parte delle attività che hanno chiuso i battenti, sono quelle che rappresentavano il maggior riferimento per le comunità, soprattutto quelle piccole. Nella stragrande maggioranza a chiudere sono le micro imprese, in gran parte esercizi di vicinato che rappresentano il servizio di prossimità: un servizio necessario in una Paese – e anche in una Regione – che si presenta sempre più anziana. E non solo, sta morendo quel commercio che si pone come elemento di coesione sociale e culturale, quello che mantiene in vita i centri storici, ora sempre più alle prese con una vera e propria desertificazione.
Occorrono interventi concreti e attuabili. Per i piccoli negozi, per i commercianti, per le piccole imprese. Un settore che ha vissuto un “abbandono” nel periodo post pandemico e che non ha trovato un rilancio né un aiuto – a detta dei rappresentanti di categoria – da parte delle istituzioni.