PRIMA PAGINA- Pax mafiosa per spaccio ed estorsioni: 55 arresti
Fare squadra, fare rete, è il must degli anni 2000 nel mondo dell’imprenditoria, del commercio e più in generale del business. E se anche la criminalità, ormai, è soprattutto un business, non stupirà come le varie associazioni mafiose scendano a patti e trovino accordi per dividersi il territorio e lo spaccio. Quella che tecnicamente viene chiama “pax mafiosa” per il controllo del territorio che, in questo caso, ha portato ad un vero e proprio patto di ferro tra Cosa Nostra, Stidda e ‘Ndrangheta. È quello che emerso grazie ad un’operazione coordinata dalla Dda che ha portato all’arresto di ben 55 persone a Gela, sgominando, appunto, l’alleanza tra le varie associazioni della “pax mafiosa” con lo scopo di gestire e di non avere problemi sugli affari riguardanti il traffico di droga e il produttivo business delle estorsioni. Nel dettaglio gli indagati sono 32 gelesi, 4 persone di Catania, 4 di Palermo, 12 della provincia di Agrigento e 3 della provincia di Reggio Calabria. Le accuse, a vario titolo, sono associazione per delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni, estorsione e traffico di sostanze stupefacenti. Tutti reati aggravati dalla disponibilità, in capo agli associati, di armi (anche da guerra) ed esplosivi. In sostanza Cosa Nostra, Stidda e ‘Ndrangheta avrebbero concordato di gestire insieme lo spaccio e di fare la stessa cosa per estorcere denaro alle attività commerciali. L’operazione ha inoltre portato alla luce un legame stretto con la ‘Ndrangheta calabrese, in particolare con la cosca Longo di Polistena. Anche per questo l’operazione condotta dalla Polizia è stata denominata “Ianus”, con riferimento ai due volti della divinità Giano Bifronte, che richiama ai due volti di cosa nostra, quelli ai quali facevano capo gli arrestati. Un territorio spartito tra le due famiglie mafiose, Rinzivillo ed Emanuello. I due clan, secondo quanto scoperto dagli inquirenti, erano concentrati nella realizzazione di serre per la coltivazione di marijuana, da utilizzare come merce di scambio per ottenere cocaina dai catanesi e dai reggini.
Alcune conversazioni intercettate hanno condotto gli investigatori a trovare riscontro in numerosi sequestri di marijuana il cui quantitativo complessivo si attesta su 1000 kg circa di stupefacente del tipo marijuana. Tornando all’indagine I gelesi si rifornivano di armi dai calabresi: un kalashnikov, solo per fare un esempio, poteva essere acquistato per 2.500 euro. Ma è emerso anche un traffico di droga di notevole entità, con due chili di cocaina smerciati ogni settimana. La mafia gelese, poi, non esitava a ricorrere alla violenza per imporre il suo controllo: a dimostrazione di questo modus operandi il ritrovamento, durante l’operazione, di un ordigno bellico di 700 grammi che poteva essere utilizzato per intimidazioni o per altro. Un’operazione che il procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca, definisce “particolarmente rilevante non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo. Emerge una Cosa Nostra che fa affari, tratta droga, ha notevoli disponibilità di armi e delibera di uccidere, se necessario, e anche per manifestare la sua potenza”. “Gela – ha detto De Luca – ha una sua specificità su tutto il territorio regionale, ma anche nazionale. Un territorio dove vi sono due famiglie mafiose, Rinzivillo ed Emanuello e in più la Stidda. Le tre compagini criminali hanno raggiunto un’intesa, una pax mafiosa ormai da tempo, e questo è anche merito delle forze dell’ordine perché quando le organizzazioni mafiosi sentono la pressione da parte dello Stato tendono a compattarsi”. C’è però un particolare che desta preoccupazione, quello della presenza di armi che regala al territorio gelese un primato nazionale decisamente non edificante e che attesta, secondo il procuratore, “una riserva di violenza” intrisa nel “dna dell’associazione”. Il questore di Caltanissetta, Pinuccia Albertina Agnello, inoltre, ha evidenziato la necessità di un intervento forte a Gela, definita un “tessuto sul quale non si può continuare a lavorare”.