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Cronaca

PRIMA PAGINA- Aste pilotate e droga: le mani della mafia su Paternò

di Alessandro Fragalà -





C’è il voto di scambio e c’è l’interesse per le aste giudiziarie. C’è questo e molto altro nell’inchiesta ‘Athena’ che vanta ben 56 indagati e che ha portato all’arresto di 17 persone. Un’indagine, quella dei carabinieri di Paternò, coordinata dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dai sostituti Tiziana Laudani e Alessandra Tasciotti, che oltre a fare luce sulle dinamiche criminali e sugli elementi di vertice del gruppo Morabito-Rapisarda operativo a Paternò e riconducibile al clan catanese Laudani, ha fatto emergere quelli che potrebbero essere gli interessi dell’organizzazione nel controllo sistematico delle aste giudiziarie di immobili che si svolgevano nelle province di Catania e Siracusa. Quello politico è solo un filone di un’inchiesta che è molto più ampia e che si concentra soprattutto sulla gestione delle aste giudiziarie di immobili. Le indagini, infatti, sono partite dopo la denuncia di un imprenditore minacciato da alcuni esponenti del clan con l’intento di ritirare dalla vendita all’asta un lotto di terreni. Emersi dall’attività investigativa, oltre alle dinamiche criminali e gli elementi di vertice del gruppo Morabito-Rapisarda operativo a Paternò e riconducibile al clan catanese Laudani, anche gli interessi dell’organizzazione nel controllo sistematico delle aste giudiziarie di immobili nelle province di Catania e Siracusa. La cosca prevedeva l’intervento ‘fisico’ di propri sodali durante le procedure di vendita per allontanare, anche con la violenza, i partecipanti e garantiva ai propri ‘clienti’ l’acquisto o il rientro in possesso del bene. Le aste andate a ‘buon fine’ avrebbero fruttato alla consorteria consistenti guadagni, condivisi anche con il gruppo Assinata, articolazione della famiglia Santapaola-Ercolano di Cosa nostra di Catania, che certifica un patto di ‘coabitazione’ tra i clan. Coinvolto in una delle aste pilotate anche un avvocato siracusano che, in qualità di delegato alla vendita, durante una procedura esecutiva giudiziaria avrebbe favorito l’aggiudicazione di un appartamento al figlio del soggetto che si era rivolto all’associazione mafiosa. E’ emerso che nell’ambito delle aste il clan avrebbe potuto “contare sull’esistenza di rapporti di conoscenza con alcuni delegati alla vendita” e su un avvocato di Siracusa, per cui è stato disposto il divieto di esercizio della professione per un anno, che “si sarebbe prestato a favorire l’aggiudicazione dell’immobile all’asta in favore del figlio di una persona che si era rivolto all’associazione mafiosa”. Il giro di affari, che coinvolgeva anche altre tipologie di operazioni immobiliari, avrebbe garantito consistenti guadagni, con compensi commisurati al valore del bene sul mercato immobiliare, che, di frequente, sarebbero stati condivisi col clan Assinata. I rapporti tra le due cosche, per affari di interesse comune, secondo l’accusa, sarebbero stati agevolati da due delle persone indagate nei confronti delle quali il Gip ha accolto la richiesta di applicazione della misura cautelare in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Uno di questi è un ex assessore del Comune di Paternò. Si tratta di Pietro Cirino che, secondo la procura, “oltre ad avere stabili rapporti di affari con esponenti apicali del clan mafioso, avrebbe messo a disposizione il proprio bagaglio di conoscenze e le proprie entrature nella politica locale”. L’altro indagato, a sua volta imprenditore agricolo, tra “l’altro avrebbe messo a disposizione il magazzino di cui è titolare per consentire incontri tra i rappresentanti delle due diverse famiglie mafiose”. Tra le attività illecite dei Morabito-Rapisarda anche il traffico e lo spaccio al dettaglio di stupefacenti. Durante le indagini, i Carabinieri hanno sequestrato complessivamente circa 71 chilogrammi di sostanza stupefacente, tra marijuana e cocaina, e arrestato otto persone in flagranza di reato. Anche il settore degli stupefacenti, utilizzato come fonte di “entrate” per la “cassa comune”, era gestito con l’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso. Al vertice del gruppo vi sarebbe stato proprio uno degli esponenti del clan “Morabito-Rapisarda”.