Ponte sullo Stretto, la Corte dei conti dice no: “Atto illegittimo”. Le reazioni politiche
Un colpo di scena nella saga infinita del Ponte sullo Stretto. La Corte dei conti ha bloccato la delibera Cipess n. 41/2025, quella che avrebbe dovuto dare il via libera definitivo all’opera simbolo del governo Meloni. La decisione arriva dalla Sezione centrale di controllo di legittimità sugli atti del governo, che non ha concesso il visto alla delibera. Le motivazioni, fanno sapere i giudici contabili, “sono in corso di stesura e saranno rese note con apposita deliberazione entro 30 giorni”. Si tratta di un passaggio chiave: senza la registrazione della Corte, l’iter tecnico del progetto resta sospeso. Già a settembre l’organo aveva chiesto chiarimenti su costi, stime di traffico e procedura d’urgenza, ritenendo alcuni passaggi “non compiutamente motivati”.
Salvini: “Scelta politica, non tecnica. Andiamo avanti”
Il primo a reagire è stato Matteo Salvini, che del Ponte ha fatto una bandiera personale.“ È una decisione politica più che un sereno giudizio tecnico”, ha dichiarato il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, definendo il no della Corte “un grave danno per il Paese”. “Non mi sono fermato quando dovevo difendere i confini e non mi fermerò ora – ha aggiunto – parliamo di un progetto auspicato anche dall’Europa, che porterà sviluppo e migliaia di posti di lavoro dal Sud al Nord. Percorreremo tutte le strade possibili per far partire i lavori”.
Meloni: “Atto di invasione, serve la riforma della Corte dei conti”
Toni ancora più accesi dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che parla apertamente di “atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento”. “La Presidenza del Consiglio e i ministeri interessati hanno risposto puntualmente a tutti i rilievi. Si è arrivati persino a contestare la trasmissione di atti tramite link, come se i giudici contabili ignorassero l’esistenza dei computer”, ha ironizzato la premier. Poi l’affondo politico: “Le riforme della giustizia e della Corte dei conti in discussione al Senato rappresentano la risposta a un’intollerabile invadenza. Il Governo va avanti”.
Schlein: “Meloni vuole mani libere, non una giustizia migliore”
Durissima la replica della segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein: “Con le sue affermazioni Meloni chiarisce il vero obiettivo della riforma costituzionale: non migliorare la giustizia, ma liberarsi dai controlli. Vuole mani libere e porsi al di sopra delle leggi e della Costituzione”. Dello stesso tenore la posizione del Movimento 5 Stelle: per il deputato Agostino Santillo, il verdetto della Corte “scrive la parola game over sulla grottesca vicenda del ponte”. Le “falle economiche, procedurali e ingegneristiche” sarebbero state, secondo il M5s, “insormontabili”.
Bonelli: “Meloni minaccia la democrazia”
A rincarare la dose è Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde, che parla di “una dichiarazione di inaudita gravità”. “La presidente ha minacciato organi costituzionali solo perché non obbediscono al volere del Governo. È un colpo alla democrazia – accusa Bonelli – e la conferma di come il Ponte sia diventato un totem ideologico più che un progetto sostenibile”.
I nodi contestati dai giudici contabili
- la procedura d’urgenza che classificava il ponte come opera di interesse strategico militare;
- l’attendibilità delle stime di traffico;
- la copertura economica e la conformità ambientale e antisismica del progetto;
- la competenza del Cipess, considerato un organo politico più che tecnico.
In particolare, la Corte aveva segnalato che “non risultava compiutamente assolto l’onere di motivazione” su alcuni punti cardine.
E adesso cosa succede?
Il “no” della Corte non è necessariamente la fine dell’opera. La legge prevede che, in caso di rifiuto di registrazione, il governo possa chiedere al Consiglio dei Ministri una deliberazione che consenta di procedere comunque. In quel caso, la Corte può apporre un “visto con riserva”, segnalando però l’atto al Parlamento. In sostanza, il Ponte sullo Stretto può ancora andare avanti, ma a rischio politico pieno: il Governo si assumerebbe la responsabilità diretta di ignorare il parere dei giudici contabili.
