Leggi:

Cronaca

“Non si può morire di lavoro”, l’ultimo saluto agli operai di Casteldaccia

di Marco Gullà -





Gli ultimi saluti: le lacrime che si intrecciano con la rabbia, con il dolore. Sabato scorso si sono celebrati i funerali di tre dei cinque operai morti a Casteldaccia mentre stavano facendo un lavoro alla rete fognaria. Parenti e amici hanno tributato l’ultimo saluto a Ignazio Giordano di Partinico, Giuseppe Miraglia di San Cipirello ed Epifanio Alsazia di Alcamo. “Non si può ancora morire sul lavoro”. Una omelia intensa, forte, dura. Una omelia che condanna le morti bianche, così come le ha definite monsignor Gualtiero Isacchi, l’arcivescovo di Monreale che ha celebrato la santa messa per i funerali di Ignazio Giordano. “Il modo in cui Ignazio ha lasciato i suoi affetti più cari, il modo in cui ha perso la vita, è profondamente ingiusto – ha detto monsignor Isacchi –. Morire sul lavoro è un segno preoccupante di una società fragile, nella quale non c’è lavoro per tutti e quando c’è, spesso non è dignitoso, è sottopagato, non è rispettoso della dignità umana; è un lavoro che dimentica la persona ed ha come unico orizzonte i suoi obiettivi e il guadagno. E soprattutto se ancora oggi si muore di lavoro con una frequenza impressionante, significa che qualcosa non va. Le chiamano ‘morti bianche’, ma rappresentano la sconfitta di questa nostra società, la sconfitta di tutti noi. Spesso ci vengono riproposti i numeri impressionanti delle morti bianche che aumentano di giorno in giorno: non sono numeri, sono uomini e donne e qualche volta minori traditi da quel lavoro nel quale riponevano speranza. Non distraiamoci da questa emergenza!”. Il figlio di Ignazio Giordano non riesce a smettere di piangere e dopo l’omelia dice: “Papà, ti assicuro che cercheremo giustizia”.

 Lacrime anche a San Cipirello per l’ultimo saluto a Giuseppe; un uomo piange mentre la bara lascia la chiesa madre: “E’ assolutamente ingiusto morire per portare a casa un pezzo di pane – dice – la vita è davvero assurda”. E poi funerali anche per Epifanio Alsazia, il socio della Quadrifoglio Group, Il primo a scendere nell’impianto e il primo a trovare la morte. Un grande lavoratore, uno che non lasciava mai gli operai nonostante i suoi 71 anni. A celebrare i funerali è stato don Enzo Santoro, parroco della chiesa del Sacro Cuore di Alcamo, quartiere a cui apparteneva la famiglia Alsazia. La funzione si è svolta alla chiesa Madre  che era gremita. Presenti alle esequi i massimi vertici provinciali e regionali dell’Arma dei carabinieri, dal momento che il figlio dell’operaio morto è in servizio alla compagnia di Partinico. Tutti gli operai morti a Casteldaccia erano persone umili, sempre in prima linea per aiutare gli altri. Con dignità e senso del dovere, ogni giorno uscivano da casa per un lavoro che non gli fruttava più di 1500 euro al mese. Un lavoro che lunedì scorso gli ha riservato la morte. Oggi saranno celebrati invece i funerali della vittima più giovane, Giuseppe La Barbera e poi Roberto Ranieri, anche loro vittime della strage di Casteldaccia.