Leggi:

Attualità

Miccichè e l’auto blu. All’interrogatorio ammissioni e rinunce

di Francesca Gallo -





di CLAUDIA MARI
Gianfranco Miccichè è stato interrogato il 24 maggio dal giudice per le indagini preliminari di Palermo nell’ambito di un’inchiesta in cui è accusato di peculato, truffa e false dichiarazioni riguardo all’uso improprio dell’auto blu assegnatagli dall’Assemblea regionale siciliana in qualità di ex presidente. Insieme a Miccichè è indagato insieme al suo autista Maurizio Messina, che risponde del reato di truffa.
All’ex presidente, il gip ha imposto il divieto di dimora a Cefalù mentre all’autista l’obbligo di dimora a Palermo e Monreale. Da quanto emerge dall’interrogatorio, Miccichè avrebbe parzialmente ammesso alcune delle accuse mosse dai magistrati.
Secondo l’accusa, avrebbe utilizzato l’auto blu per scopi personali e avrebbe falsamente attestato missioni di servizio mai effettuate, permettendo all’autista di riscuotere indennità indebite. Tra le varie contestazioni c’è l’accusa di aver usato l’auto di servizio per consegnare un bidone di benzina alla moglie in panne, per farsi portare due teglie di pasta al forno il giorno del suo compleanno e per portare il suo gatto dal veterinario. Entrambi gli indagati hanno risposto al Gip.
Miccichè ha confermato quest’ultimo episodio all’Ansa, dichiarando: “Il gatto stava malissimo, ha 13 anni. Sì, è vero, è stato accompagnato in auto blu dal veterinario. Mia figlia mi chiedeva di portarlo subito a controllo e, onestamente, dico che lo rifarei”. Miccichè, attuale deputato regionale di Forza Italia, ha ricevuto il 20 maggio una misura cautelare che gli vieta di risiedere a Cefalù.
Ha aggiunto: “Se ho commesso errori nell’uso della vettura, me ne assumo la responsabilità, ma ho agito sempre in buona fede. Non ho mai avuto la consapevolezza di commettere abusi”. La procura accusa Miccichè di aver usato in modo illecito l’Audi della Regione per 33 volte tra marzo e novembre 2023. Successivamente, Miccichè ha annunciato di aver rinunciato all’auto blu: “Ho scritto all’amministrazione di Palazzo dei Normanni per comunicare la mia rinuncia all’auto blu. Non lo faccio a causa dell’indagine in corso, ma perché mi sono reso conto che non mi è necessaria”. E ha aggiunto: “Sono tranquillo e ho spiegato le mie ragioni al giudice. Vivo a Sant’Ambrogio, quindi l’auto blu, come consentito dal regolamento dell’Assemblea siciliana, copriva la tratta Palermo-Cefalù. Non ho mai usato la vettura istituzionale per vacanze, e se ho commesso degli errori, come portare il gatto o altre piccole leggerezze, ne pagherò le conseguenze. Le accuse riguardano poco più di due mila euro”.
Tra le possibili forzature menzionate da Miccichè c’è l’uso dell’auto blu per trasportare teglie di pasta al forno da Palermo a Cefalù per il suo compleanno, quando aveva invitato 40 politici. “Ho sbagliato? Pagherò”. E sulla sua nuova condizione: “Sant’Ambrogio, dove vivo e ho la residenza, è sopra Cefalù. Non ci sono farmacie, bancomat o tabaccai. Se chiedere di farmi avere dei farmaci o fare un prelievo di denaro durante la tratta prevista per venirmi a prendere è considerato un errore, allora lo pagherò, ma obiettivamente non mi sembrano episodi gravi”.
Non è stata, poi, dimenticata la frase “me la possono sucare”, per cui Miccichè ha spiegato che non era un segno di arroganza, ma voleva esprimere la sua convinzione di non aver commesso abusi in mala fede. Se i giudici riterranno che abbia fatto qualche forzatura, accetterà le conseguenze. Nel frattempo, l’avvocato Grazia Volo, difensore di Gianfranco Miccichè, ha chiesto la revoca della misura del divieto di dimora a Cefalù imposta dal giudice.