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L’INTERVISTA – Siccità, le proposte di Confcooperative per la regione oltre il “qui e ora”

di Redazione -





di ANGELO VITALE
La siccità di nuovo sul tavolo della Giunta della Regione Siciliana. Il presidente Renato Schifani è punzecchiato da Ismaele La Vardera di Sud chiama Nord (“Spera nella pioggia. Possiamo aspettare l’intervento dello sciamano Magú, così la nostra Sicilia sarà salva”) ma tira dritto. In mattinata, al telefono con il suo predecessore Nello Musumeci ora ministro della Protezione civile, Schifani ha voluto dare impulso alla richiesta di ufficializzare a Palazzo Chigi lo stato di calamità. Nella riunione dell’esecutivo a Palermo, l’istituzione di una cabina di regia sull’emergenza idrica, in cui entrano anche 4 docenti universitari.
Serrata, l’interlocuzione con la Capitale. Il capo del dipartimento nazionale Fabrizio Curcio ha già indicato gli interventi immediatamente finanziabili: piani di distribuzione con le autobotti, serbatoi e accumuli temporanei, impianti di pompaggio supplementari, rigenerazione di pozzi, realizzazione di nuovi pozzi e sorgenti, by-pass e interconnessioni tra le reti idriche, risagomatura degli alvei per convogliare l’acqua verso le prese, impianti temporanei per il trattamento e il recupero. La delibera di Schifani arrivata a Roma è di 182 pagine, ma Curcio ha chiesto una documentazione integrativa e convocato un’apposita riunione tecnica tra gli uffici romani e palermitani, che si terrà giovedì mattina in videoconferenza.
Fin qui, le notizie del fronte istituzionale. Riferimento d’obbligo per quanti la siccità la vivono ogni giorno sulla loro pelle. Parliamo con Alessandro Chiarelli, delegato per le politiche agricole di Confcooperative Sicilia, appena uscito da una riunione in Regione. Il vice di Schifani, Luca Sammartino, era assente perché impegnato nella riunione di giunta. “Ma c’era il commissario Dario Cartabellotta, che è persona sensibile e attenta alle nostre proposte”, inizia a raccontare.
Chiarelli ha 63 anni, è agricoltore e viticoltore nel golfo di Castellammare. “Guardo la mia terra – dice – e ogni giorno la vedo sempre più abusata. Succede dal luglio scorso e, senz’acqua, andrà sempre peggio”. In Regione, ma anche pubbliche, le proposte di Confcooperative caratterizzate da una serie di azioni che appaiono “di sistema”. “Sono d’accordo – spiega – sul “qui e ora” indispensabile per una svolta che ci faccia superare quest’estate senza i toni nefasti che la stanno anticipando. Ma serve di più”.
“Penso – elenca – ai volumi elevati di acque reflue che disperdiamo. Ci sono studi, anche universitari, che illustrano come disperdiamo una risorsa indispensabile. L’acqua c’è, partiamo da questa. Può essere meglio depurata per i campi, in Germania e Israele addirittura la bevono. Servono protocolli seri con le università israeliane che hanno trasformato la difficoltà dei deserti e dei territori occupati in opportunità. Possono spiegarci come programmare per fare bene, per aggiungere quest’acqua a quella delle dighe cui la Regione vuole mettere mano per renderle più efficienti”.
Opere non proprio economiche, riconosce lui stesso: “Ma bisogna partire da qualcosa, per “fare” senza abbandonarsi alle sole “chiacchiere”. La Regione può decidere come definire e assorbire il costo energetico di sollevamento di queste acque reflue. Così come si potrebbe pensare ad alimentarlo con il fotovoltaico, senza far arricchire con le rinnovabili solo i fondi di investimento”.
“E poi – continua a proporre – va ipotizzata una deroga al divieto attuale di realizzare laghetti collinari nelle aziende, vigente solo per la presenza di consorzi che poi arrivano a disperdere fino al 60% di acqua in reti malandate. I laghetti servirebbero a intercettare le acque piovane e a costruire una rete di autoconsumo senza gravare sul prelievo da bacini comuni”.
E ancora: “Perché non semplificare le autorizzazioni per i pozzi? Oggi si pensa a requisirli, ma non se ne conosce che una minima parte. Autorizzarli significherebbe far emergere l’attuale, elevato e incontrollato abusivismo, che alla fine grava sull’unica falda acquifera sotto i nostri piedi. Autorizzati, normati per il prelievo e monitorati, questi nuovi pozzi costruirebbero una rete di rifornimento costante per la terra”.