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Laura Mattarella: «Un onore e un dovere stare accanto a mio padre. Ma mia madre lo avrebbe fatto meglio»

di Andrea Scarso -





Palermitana, avvocato, 57 anni, Laura Mattarella racconta con misura e lucidità il suo ruolo informale accanto al padre, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Lo fa senza enfasi e senza retorica, in un’intervista a Vogue Italia** che restituisce il profilo di una donna lontana dai riflettori, per scelta prima ancora che per temperamento.

«La mia è stata una decisione libera, responsabile e ponderata», spiega. Dal 3 febbraio 2015, data della prima elezione del Capo dello Stato, Laura Mattarella affianca il padre nelle occasioni ufficiali, colmando un vuoto istituzionale che l’ordinamento italiano non disciplina. «Ho considerato un dovere, e anche un onore, stargli accanto. Ma non ho mai dimenticato che mia madre avrebbe svolto questo compito certamente meglio di me». Parole che dicono molto più di quanto sembrino: il senso della misura come cifra morale, la consapevolezza del limite come forma di eleganza civile.

Non ama, e non rivendica, l’etichetta di “first lady”. In Italia, ricorda, quel ruolo semplicemente non esiste. «Il Presidente è lui. Io devo solo essergli vicina: a volte accanto, altre un passo indietro». Anche nei protocolli ufficiali, in patria e all’estero, viene indicata senza titoli, semplicemente come “signora Laura Mattarella”. Ed è, sottolinea, «giusto così».

Vedovo dal 2012, Sergio Mattarella ha trovato nella figlia una presenza discreta ma costante. Una scelta resa possibile anche dal fatto che, al momento della prima elezione, i figli di Laura erano già grandi. Un dettaglio non marginale, che racconta l’equilibrio – mai esibito – tra responsabilità pubblica e vita privata.

Equilibrio che si riflette anche nelle scelte quotidiane. Laura Mattarella non vive al Quirinale. «Abito felicemente a casa mia, con mio marito e con i miei figli». Nessun ufficio, nessuna segreteria, nessun rimborso per abiti o acconciature. «Provengo da una famiglia in cui riservatezza e discrezione non sono formalità, ma il modo più intenso di vivere i rapporti umani». Una frase che sembra scolpita nella tradizione di una certa Sicilia civile, sobria, rigorosa, allergica all’ostentazione.

Nel suo percorso non mancano l’impegno culturale e la partecipazione a iniziative solidali, vissute come un contributo naturale alla vita pubblica: «Educazione, prevenzione, ricerca, cura: sono elementi essenziali per il progresso della società». Nessuna missione salvifica, nessun protagonismo. Solo la convinzione che la rappresentanza, quando c’è, debba tradursi in servizio.

E se rifiuta l’idea di lanciare messaggi “alle donne”, a fine intervista consegna una riflessione che suona come un appunto per la politica e le istituzioni. La gentilezza, dice, «non è solo una qualità personale, ma un cammino, un metodo di mitezza». Non bon ton né cortesia di facciata, ma un modo di stare nel mondo pubblico: spiegare, ascoltare, confrontarsi. «Non assumere il proprio punto di vista come unico approdo possibile, ma come punto di partenza».

In tempi di parole urlate e posture muscolari, la lezione di Laura Mattarella è tutta nella sottrazione. Un ruolo non previsto, esercitato senza rivendicarlo. Un potere che non chiede visibilità. E una presenza che ricorda, silenziosamente, che anche la Repubblica si regge su gesti piccoli, misurati, ma profondamente necessari.