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Arresto Toti, ci sarebbe Cosa nostra dietro il voto di scambio

di Redazione -





di CLAUDIA MARI
Nell’ambito dell’inchiesta portata avanti dalla Procura di Genova per corruzione, che ha portato tra gli altri all’arresto del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, c’entrerebbe anche Cosa Nostra e, in particolare, un referente del Clan Cammarata del mandamento di Riesi che ha articolazioni nel capoluogo ligure.
le indagini
In particolare, nell’inchiesta si indaga, oltre che per corruzione, per voto di scambio: il capo di gabinetto del presidente della Regione Liguria Matteo Cozzani, in occasione delle elezioni del 2020, avrebbe promesso posti di lavoro e il cambio di un alloggio di edilizia popolare per raccogliere i voti degli elettori della comunità riesina residente a Genova, che conta all’incirca 400 presenze.
Cozzani è accusato pure di corruzione per l’esercizio della funzione. Arturo Angelo Testa e Italo Maurizio Testa, rappresentanti della comunità̀ riesina di Genova e destinatari dell’obbligo di dimora nel Comune di Boltiere, sono accusati del reato di corruzione elettorale aggravato dall’agevolazione di Cosa Nostra. Venanzio Maurici, destinatario dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, risponde di corruzione elettorale aggravato dall’agevolazione di Cosa Nostra.
Inoltre, sempre in cambio di voti per la Lista Toti, sarebbe stato offerto anche un posto di lavoro al compagno della figlia di Venanzio Maurici, referente genovese del clan Cammarata del mandamento di Riesi.
Ma quali sono le origini delle articolazioni del clan in Liguria?
LE ORIGINI DEL CLAN
Durante la guerra di mafia che sconvolse la provincia di Caltanissetta negli anni ’90, molti abitanti di Riesi, stretti parenti dei fratelli boss Cammarata, trovarono rifugio in Liguria, soprattutto a Genova, per sfuggire alle violenze. Tuttavia, nonostante il cambio di residenza e il cambio (apparente) di vita, pare che abbiano continuato a mantenere legami con il mondo criminale.
Una vita segnata da intrighi, affari loschi e guai giudiziari. Recentemente, Venanzio Maurici, cognato di Francesco Cammarata, è stato costretto a firmare un obbligo giudiziario dal giudice del tribunale di Genova. In questo contesto – dalle dinamiche a dir poco ingarbugliate – i fratelli Testa e Maurici sembrerebbero aver giocato un ruolo attivo nella campagna elettorale di quattro anni fa, lavorando per favorire la rielezione di Giovanni Toti alla presidenza regionale nel 2020. Si è riportato, come sopracitato, che Venanzio Maurici avrebbe accettato un lavoro in cambio del suo sostegno alla lista “Cambiamo con Toti Presidente” durante le elezioni del settembre 2020. Per quanto riguarda i Testa, invece si indaga sull’ipotesi della promessa di posti di lavoro a diverse persone per sostenere la candidatura di Stefano Anzalone della lista “Cambiamo con Toti Presidente”.
Si è anche appreso, dalle indagini, che Stefano Anzalone avrebbe contribuito alle spese di vitto e alloggio dei fratelli Testa a Genova prima delle elezioni regionali. All’appello mancano i fratelli Pino, Vincenzo e Francesco Cammarata, che sono attualmente detenuti con il regime del 41 bis, lo scorso anno anche la sorella Maria Catena Cammarata è stata posta agli arresti domiciliari. Nonostante i suoi 69 anni, si dice che abbia gestito gli affari di famiglia per conto dei fratelli, mantenendo il controllo finanziario di uno dei clan più spietati della provincia di Caltanissetta. Infine, nel gran calderone anche la posizione di un sindacalista, citato sopra, Venanzio Maurici, ritenuto dagli investigatori “referente genovese del clan Cammarata”, che avrebbe barattato il suo voto con un posto di lavoro in favore del compagno della figlia.