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Cronaca

Aggressioni e minacce, L’inferno degli ospedali

di Marco Gullà -





Gli ospedali che diventano ring, medici e infermieri picchiati, spesso brutalmente. Aggressioni ogni settimana: da Palermo a Catania, una sequela di episodi che mette in allarme i sanitari, già sotto stress per la grande mole di lavoro che c’è nei nosocomi e con un livello di guardia da tenere alto per evitare scontri fisici e verbali. L’ultima aggressione è avvenuta all’ospedale Ingrassia di Palermo. Due uomini e una donna, stanchi di attendere il proprio turno, hanno prima inveito contro i medici: hanno bussato più volte alla porta e con insistenza avrebbero preteso di entrare per far visitare un familiare.
Gli addetti alla sicurezza li hanno invitati ad allontanarsi, ma di fronte all’ennesimo tentativo di accedere all’area di emergenza nonostante non fosse giunto ancora il loro turno, le guardie giurate li hanno bloccati. La porta si è però aperta per permettere l’ingresso di un paziente in condizioni più gravi e, approfittando di questa circostanza, la donna si è scagliata contro l’infermiera, tirandole i capelli e minacciandola. E poi calci e pugni alle porte, urla e minacce: uno scenario purtroppo consueto. Un’altra violenta aggressione c’era stata un paio di settimane fa all’ospedale Cervello di Palermo, ferite al volto e alle braccia per un dottore che era stato picchiato con un tirapugni da un paziente. Un’aggressione che poteva sfociare in tragedia. “Nonostante gli appelli lanciati da Ordini dei Medici e Organizzazioni Sindacali di categoria il trend relativo all’incremento delle aggressioni nei confronti degli operatori sanitari continua a crescere – osserva Giuseppe Bonsignore segretario regionale Cimo – cresce anche la gravità delle aggressioni e la pericolosità delle stesse con conseguenze sempre più serie per la salute degli stessi operatori sanitari. Pensare ad un’azione di prevenzione nell’ottica del recupero del perduto rapporto medico-paziente è sacrosanto ma prevede tempi lunghi. Gli operatori non sono disposti ad attendere che si realizzi un cambiamento culturale che richiederebbe anni. Ci sentiamo rispondere che la sicurezza ha un costo elevato e non si può garantire in maniera capillare. Il problema è che nemmeno ci si prova ad arginare il fenomeno. Non è possibile sentirsi rispondere che per non spendere qualche migliaio di euro in più non si implementano i sistemi di sicurezza. Questo è completamente inaccettabile da parte di chi ogni giorno lavora per colpe non sue in condizioni di grave carenza organizzativa e in più prende anche le botte. È ora di finirla”. Sicurezza che non c’è stata nemmeno al Policlinico di Palermo due mesi fa, quando un’infermiera di 57 anni venne aggredita brutalmente da un paziente che ha anche usato un oggetto contundente: “Il paziente insultava pesantemente – già dal mio arrivo – una collega, affermando di non voler essere curato da una straniera alla quale intimava di non avvicinarsi – ci racconta l’infermiera picchiata – era visibilmente agitato con tutti. Con grande dolcezza, mi avvicinai al paziente tranquillizzandolo. Ad un certo punto, senza un motivo aiutando gli altri colleghi che erano sulla postazione del paziente irrequieto, mi afferrava per il petto e mi colpiva. Improvvisamente mi ritrovai per terra in stato confusionale”. Ma altri episodi si sono registrati anche in altre città siciliane, come a Catania: “Siamo impauriti – dice un infermiere dell’ospedale Cannizzaro – andiamo al lavoro per aiutare la gente e salvare vite e rischiamo invece la nostra. È inammissibile che nessuno intervenga, i medici hanno il terrore, soprattutto quando purtroppo muore qualche paziente, non sappiamo mai quale potrà essere la reazione dei parenti. Abbiamo decisamente paura, è un trend in crescita quello delle aggressioni e così non va. Occorre un intervento concreto da parte delle istituzioni”.