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A Catania scontro politico tra il Sindaco Trantino ed il consigliere Pellegrino: caso deflagrato

di Vincenzo Migliore -





Il clima politico a Catania si fa incandescente, e l’episodio consumato in piazza Duomo tra il consigliere Riccardo Pellegrino e il sindaco Enrico Trantino sembra aver scoperchiato un vaso già colmo di tensioni. Una frattura che non nasce ieri, ma che trova nel parapiglia di fine seduta un detonatore perfetto, capace di trasformare un post-Consiglio comunale in un caso politico di primo livello.

Secondo Pellegrino, vicepresidente vicario del Consiglio comunale ed esponente di Forza Italia, il sindaco lo avrebbe “aggredito verbalmente e fisicamente” dopo alcune dichiarazioni critiche nei confronti della linea amministrativa. Parole pesanti, accompagnate dal passaggio al Pronto Soccorso per accertamenti e dall’annuncio di una denuncia ai Carabinieri.

La versione del primo cittadino, però, va nella direzione opposta e non risparmia toni duri. Trantino parla di accuse “gravemente lesive della dignità personale”, rievoca pubblicamente il “profilo giudiziario del soggetto in questione” e bolla l’intera vicenda come il frutto di “atteggiamenti provocatori e scomposti”. Una risposta tagliente, che aggiunge benzina a un incendio già acceso: la scelta del sindaco di non entrare nel merito “per rispetto della magistratura” è più un colpo d’ala istituzionale che un passo indietro.

Ma il vero terremoto politico arriva poche ore dopo, quando i capigruppo di maggioranza — Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega, Mpa e la lista Trantino Sindaco — chiedono formalmente a Pellegrino di rassegnare le dimissioni da vicepresidente vicario del Consiglio. Un invito perentorio, che suona più come un benservito che come una riflessione condivisa.

La nota delle forze di maggioranza è un manifesto di sfiducia: si parla di toni inadeguati, mancanza di equilibrio, dichiarazioni in contrasto con la maggioranza stessa e, soprattutto, della fiducia politica ormai “venuta meno”. Tradotto: la rottura è totale, e l’episodio in piazza rappresenta solo il punto più visibile di un logoramento che covava da tempo.

Nel Palazzo degli Elefanti questo passaggio segna un crinale politico preciso: chi guida l’aula — anche in assenza del presidente — non può porsi come corpo estraneo alla maggioranza che lo ha eletto. In altre parole, la carica di vicepresidente vicario non è una torre d’avorio, ma un ruolo di equilibrio politico che, secondo la maggioranza, Pellegrino avrebbe scelto di forzare fino al limite.