PRIMA PAGINA- Casteldaccia, gli operai non dovevano scendere nella cisterna
L’appalto non avrebbe previsto che gli operai scendessero nella cisterna di raccolta dei liquami. Perché lo hanno fatto andando incontro alla morte? Ruota attorno a questo interrogativo l’inchiesta della procura di Termini Imerese sulla strage del lavoro di Casteldaccia. Il fascicolo è stato aperto per omicidio colposo plurimo. I cinque operai, quattro dell’impresa “Quadrifoglio group” di Partinico e un interinale dell’Amap, sono stati uccisi dal gas sprigionatosi dai liquami nell’impianto di sollevamento a Casteldaccia. Non sarebbero dovuti scendere all’interno della stazione di sollevamento. Il contratto di appalto stipulato con Amap – la municipalizzata che aveva dato alla loro ditta l’appalto dei lavori – prevedeva che l’aspirazione dei liquami avvenisse dalla superficie attraverso un autospurgo e che il personale non scendesse sotto terra. Questo spiega perché nessuna delle vittime indossava la mascherina né aveva il gas alert, un apparecchio che misura la concentrazione dell’idrogeno solforato, il gas che poi li ha uccisi.
Non è chiaro, dunque, perché i cinque siano scesi all’interno della stazione di sollevamento nè cosa sia accaduto dopo. L’ipotesi che si sia rotto un tubo da cui poi è fuoriuscito il gas è smentita dai vigili del fuoco, mentre non si esclude che gli operai abbiano potuto aprire una paratia che sarebbe dovuta restare chiusa. L’ambiente infatti, in condizioni normali, è a tenuta stagna. Intanto le condizioni del sesto operaio ferito, restano gravissime. Domenico Viola, 62 anni, è ricoverato in terapia intensiva al Policlinico del capoluogo siciliano con danni a vari organi. Viola è stato l’ultimo a scendere quattro metri sotto terra per lo spurgo della cisterna, una volta che gli altri operai non davano risposte, ed è riuscito a fermarsi su un ballatoio. Il primo operaio a scendere è stato Epifanio Alsazia, il cotitolare dell’azienda, il più anziano. “Ha detto che voleva andare lui. È stato il primo a scendere nell’impianto – ha raccontato Paolo Sciortino, operaio superstite – si poteva godere la pensione e invece era sempre il primo a intervenire. “Ho sentito una voce che gridava ‘aiuto, aiuto. Venite qua, venite qua’, e mi sono avvicinato. Di solito è un intervento che si fa con la mascherina”, ha sottolineato Sciortino, che si è salvato perché è stato l’ultimo a entrare nell’impianto e si è fermato in tempo. Ora è ricoverato all’ospedale di Termini Imerese. “Non era la prima volta che intervenivamo, già in altre due occasioni abbiamo lavorato lì e non c’era questa situazione, stavolta è accaduto qualcosa”. A parlare dell’intervento sulla rete fognaria di Casteldaccia, anche un altro dipendente della Quadrifoglio Group: “Da diversi anni lavoriamo nel settore, sia per quanto riguarda le fognature che gli acquedotti. La Quadrifoglio Group, che ha sede a Partinico, opera con appalti nelle province di Palermo e Trapani. Quello effettuato a Casteldaccia, per conto dell’Amap, è una tipologia di lavoro abbastanza frequente. Rientra nella routine. Con questi colleghi ci vedevamo in azienda anche se io mi occupo di un altro settore, quello dell’amianto – aggiunge – noi compriamo regolarmente i dispositivi di sicurezza che vengono utilizzati negli interventi. Le indagini accerteranno se i colleghi li indossavano oppure no. La nostra è una ditta specializzata e la squadra intervenuta a Casteldaccia era esperta. La nostra azienda tiene molto alla sicurezza. Mi sorprenderei se venisse accertato che non avevano i dispositivi di protezione”. Intanto la sede della Quadrifoglio Group, in via Milano a Partinico, è stata posto sotto sequestro. Dopo avere appreso la notizia della morte dei suoi operai, Antonio Di Salvo, 67 anni, titolare dell’azienda sta rientrando in Sicilia dagli Stati Uniti dove si trovava per il matrimonio di un familiare.