Riciclavano tesori mafiosi tra Palermo e Trapani: arrestato fedelissimo di Messina Denaro
Un’asse per ripulire soldi. I mafiosi di Salemi si erano messi in affari con alcuni boss palermitani e imprenditori con l’obiettivo di riciclare denaro sporco, recuperare anche vecchi tesori mafiosi. Al centro di tutto c’erano padre e figlio, Salvatore e Andrea Angelo, 75 e 45 anni.
Per loro sfortuna però tutti i loro movimenti erano tracciati dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. I carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Trapani hanno arrestato 11 persone (sei in carcere e cinque ai domiciliari) nelle provincie di Trapani, Palermo, Como e Rimini. Alle indagini hanno contribuito i militari del Nucleo investigativo di Palermo. Un’operazione decisamente importante. I reati contestati sono associazione mafiosa, corruzione, turbativa d’asta, trasferimento fraudolento di valori, ricettazione e autoriciclaggio. Salvatore Angelo detto anche “cagnulazzu” è stato uno degli imprenditori vicini a Matteo Messina Denaro, in passato, dopo il precedente arresto e la condanna per mafia, gli è stato confiscato il patrimonio, tra cui alcune aziende edili e vitivinicole. Un uomo legato al vecchio padrino. Angelo, dopo avere scontato tredici anni per mafia, appena uscito dal carcere, si era già rimesso in moto per fare affari. Aveva la totale collaborazione del figlio Andrea; grazie alle loro capacità di reclutare professionisti del settore e di penetrare abusivamente nei sistemi informatici delle banche, avrebbero messo insieme un gruppo criminale in grado di riciclare enormi somme di denaro delle cosche palermitane.
Il gruppo avrebbe anche cercato di riciclare lire fuori corso per conto della ‘ndrangheta e di ripulire il denaro di Calogero John Luppino, il re delle scommesse clandestine online, altro fedelissimo dell’ex latitante. L’organizzazione avrebbe anche cercato di acquisire, reinvestendo denaro sporco, 12 punti vendita della Coop Sicilia (ma l’affare è poi sfumato).
Al centro delle indagini vi sarebbe però un tesoro milionario depositato nel conto di una filiale di Francoforte della Deutsche Bank. Il denaro sarebbe stato parte del tesoro di esponenti mafiosi palermitani scalzati da Totò Riina. Dopo la sua morte nel 2017, quei boss sono tornati a Palermo con l’obiettivo di recuperare il denaro mai sequestrato. Salvatore Angelo avrebbe dovuto provare a recuperare la prima tranche di soldi, 12 milioni di euro, dal conto tedesco.
Un fidato esperto del riciclaggio, Giuseppe Burrafato, ha trasferito i 12 milioni di euro dalla Deutsche Bank a un conto Hsbc sempre a Francoforte. Per spostare i soldi dei clan mafiosi veniva sfruttato il circuito internazionale Swift, metodo usato per trasferire all’estero somme di denaro non rendendolo più tracciabile.
La piattaforma informatica consente alle banche per mezzo di un codice di scambiarsi messaggi con informazioni finanziarie, una sorta di whatsapp degli istituti di credito, permette ad esempio di assicurare l’avvenuto pagamento di un bene di valore prima della sua spedizione da un continente all’altro. Tutti i soggetti che partecipavano al piano venivano retribuiti.
Secondo gli inquirenti, ad esempio, gli Angelo avrebbero incassato una commissione del 10% dei fondi trasferiti. Le intercettazioni hanno rivelato che Angelo godeva di un “nulla osta a 360 gradi”, che gli permetteva di muoversi liberamente in Sicilia. Secondo la Procura, questo “nulla osta” sarebbe stato ottenuto grazie ai suoi agganci con Matteo Messina Denaro.
Arresti domiciliari anche per Elisabetta Bonsignore, palermitana, 60 anni, amministratrice della società “Sea, società elettrica di Favignana”. Avrebbe ricevuto o accettato la promessa di denaro in cambio dell’assegnazione di alcune commesse. Il gruppo guidato dagli Angelo avrebbe messo le mani sulla realizzazione di alcuni importanti lavori aggiudicati dalla Omnia del mazarese Antonino Putaggio, 67 anni (domiciliari).