PRIMA PAGINA- In manette tre “insospettabili” al servizio di Messina Denaro
Continua la ricostruzione – o forse meglio dire la distruzione – della rete di fiancheggiatori del boss di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro. Latitante per oltre trent’anni, e morto il 25 settembre scorso a causa di un tumore, il boss era stato arrestato il 16 gennaio del 2023 nei pressi della clinica privata La Maddalena a Palermo, nel quartiere San Lorenzo, dove veniva curato per la malattia. E così, dopo i primi arresti dentro la ragnatela del latitante – sono 14 le persone finite in manette, di cui quattro già condannati e cioè l’autista del boss Giovanni Luppino, i due figli di Luppino e la compagna di Messina Denaro Laura Bonafede – ieri è stata smontata un’altra parte della rete costruita in anni e anni di nascondigli e silenzi. O, almeno, in silenzio rispetto agli occhi delle autorità. Un’altra rete formata da tre persone che, nel corso degli anni di latitanza, hanno coperto e aiutato il capo mafioso e che ora sono stati arrestati per associazione mafiosa (e concorso esterno in associazione mafiosa). Sono tre e sono “insospettabili”, ma allo stesso tempo, fedelissimi: l’architetto Massimo Gentile, il tecnico radiologo dell’ospedale di Mazzara del Vallo Cosimo Leone e l’operaio Leonardo Gulotta. L’inchiesta che ha portato all’arresto dei tre è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pubblici ministeri Gianluca De Leo e Piero Padova.Chi sono i fiancheggiatori del boss?
Il primo, è l’architetto Massimo Gentile. L’uomo è originario di Campobello di Mazara – paese dove Messina Denaro ha trascorso gli ultimi anni di latitanza – ma ora vive a Limbiate, in provincia di Monza, dove ricopre un incarico amministrativo al Comune. L’indagato è parente di Salvatore Gentile, killer ergastolano, nonché marito dell’amante storica di Messina Denaro Laura Bonafede. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, tra il 2007 e il 2017, “l’architetto avrebbe ceduto più volte la sua identità al capomafia ricercato, consentendogli così di acquistare una Fiat 500 e una moto Bmw, di stipulare l’assicurazione sui due mezzi, di compiere operazioni bancarie”, “insomma – scrivono i magistrati – di vivere e muoversi nel suo territorio come un cittadino qualunque e con un apparentemente regolare documento di riconoscimento”. Difatti, in uno dei documenti utilizzati dal boss durante la latitanza – una carta di identità rilasciata proprio dal Comune di Campobello di Mazara – si legge proprio il nome di Massimo Gentile. Altro fedelissimo è Cosimo Leone, tra l’altro, cognato di Gentile. Secondo i Pm il tecnico radiologo dell’ospedale di Mazzara del Vallo avrebbe garantito al boss latitante, nel novembre del 2020, di fare in sicurezza una Tac al torace e all’addome – in tempi record. E non solo, avrebbe anche consegnato al boss un cellulare riservato durante il ricovero all’ospedale di Mazara del Vallo, nei giorni della degenza del capomafia dopo l’operazione per il tumore al colon. Per ultimo, Leone avrebbe fatto recapitare a Messina Denaro dopo le dimissioni, cd della tac da mostrare agli specialisti che lo avevano in cura. Leone sarebbe stato, dunque, per Messina Denaro “oltre che un indispensabile tramite con l’esterno durante l’intero periodo di degenza, anche un importantissimo punto di riferimento all’interno dell’ospedale”. Così scrivono i magistrati nell’ordinanza.
Per ultimo, il terzo fiancheggiatore è Leonardo Gulotta, lui arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa. L’accusa nei suoi confronti è quella di aver messo a disposizione di Messina Denaro in dieci anni, tra il 2007 e il 2017, la propria utenza telefonica per poter ricevere comunicazioni dal rivenditore della Fiat 500 – che fu acquistata sotto falso nome – e dalle agenzie assicurative presso le quali erano state stipulate le polizze per la macchina e la moto comprate con l’identità di Gentile.