Sicilia fanalino di coda nel nuovo mercato del lavoro
di GIUSEPPE MESSINA – Sicilia fanalino di coda nel nuovo mercato del lavoro
In una regione seria, il tema dei controlli dovrebbe rappresentare un chiaro obiettivo ai fini della qualità della spesa comunitaria da certificare alle autorità di Bruxelles. Soprattutto se facciamo riferimento alla cosiddetta fase della rendicontazione di quanto speso per la realizzazione di un percorso formativo. Ed invece, assistiamo al “balletto della rendicontazione”. Un tema spinoso che cela possibili favoritismi e clientele. Argomento spigoloso, dicevamo, e, per un certo verso, ammantato di mistero e persino di un pizzico di magia. Eppure dovrebbe essere chiaro a tutti il significato, in particolar modo agli operatori del settore. La rendicontazione, infatti, abbraccia l’iter di resoconto delle spese effettivamente sostenute dal soggetto beneficiario per la realizzazione dell’iniziativa formativa finanziata dalla Regione siciliana. Per essere più chiari, è il processo di bilancio delle spese effettivamente e definitivamente sostenute dal beneficiario, appunto, di risorse pubbliche. Tale processo ha come obiettivo quello di dimostrare con chiarezza e precisione le spese effettivamente sostenute. Ciò che, al contrario, purtroppo, accade nel settore della formazione professionale in Sicilia, lascia basiti. Ci sono enti che operano nel suddetto settore al solo scopo di produrre profitto con le risorse pubbliche e senza alcun rischio d’impresa e che detengono un incommensurabile potere economico. Ciò è frutto solo ed esclusivamente della folle scelta di certa politica di assecondarli a tal punto da eliminare il tetto al finanziamento degli enti formativi. Con l’articolo 70 della legge regionale 3/2024, i pochi enti “furbi”, forti della copertura politica, impongono tempi e modalità per l’effettuazione della procedura di rendicontazione. Per essere chiari, in barba alle regole, fanno ciò che vogliono, decidono se e quando procedere alla rendicontazione di quanto speso e alle modalità di spesa. Con spavalderia, spavaldamente impongono le regole sostituendosi a chi dovrebbe legiferare. Ed avviene con la baldanza di chi si percepisce intoccabile ed agisce senza alcun rispetto, sfruttando la posizione di predominio unicamente per il proprio tornaconto; in barba anche agli altri soggetti beneficiari dei finanziamenti che, a differenza loro, le regole, i tempi e le modalità d’ingaggio le rispettano in toto. Ed allora, la questione diventa molto seria e preoccupante. Se taluni enti formativi, forti delle grandi risorse pubbliche che gestiscono, arrivano ad ottenere ripetutamente proroghe senza dover dimostrare come hanno speso i soldi, o allungare i tempi per la chiusura delle attività corsuali, o far procrastinare le scadenze fissate per la presentazione della progettazione esecutiva, per gli stati di avanzamento delle attività corsuali effettuate ai fini dell’ottenimento delle trance di pagamento, ci si dovrebbe chiedere, a tutti i livelli, politici ed amministrativi, come tutto ciò sia possibile, come possa verificarsi un malcostume fatto di possibili aderenze e coperture di ogni genere. Perché non si spiega poi, come mai gli stessi “colossi del profitto”, siano così rapidi e solerti nell’ottenere l’accreditamento per nuove sedi didattiche senza, ovviamente, rispettare, in alcuna maniera, l’articolo 70 della legge regionale 3/2024, che obbliga all’assunzione di quattro figure, previste dai contratti collettivi di lavoro del settore. Altro che controlli! Il settore è deragliato verso una gestione autarchica delle risorse pubbliche che si esprime su due velocità: da un lato, si vessano i piccoli e medi enti che, tra enormi difficoltà, rispettano tempi e modalità per la rendicontazione, ed, in generale, le scadenze stabilite dall’amministrazione regionale; dall’altro, pochi enti di enormi dimensioni, che, per citare il più famoso commissario Salvo Montalbano, “se ne stracatafottono”. Parliamo di risorse pubbliche e di controlli che ci sono, ma non ci sono. Per l’appunto una vera e propria magia. In una regione seria, chi non rendiconta entro un anno dalla chiusura dei corsi, dovrebbe essere destinatario di un provvedimento amministrativo di sospensione delle attività corsuali. Altro che comandare! Il caos nel settore emerge sempre più con tutto il carico di responsabilità per coloro che, negli ultimi anni, si sono girati dall’altra parte, o, peggio, hanno favorito una catena illegale di comportamenti al limite del reato. Risultato finale? La destabilizzazione del settore della formazione professionale e del lavoro che vale ben oltre un miliardo di euro nei prossimi anni. Risorse che dovrebbero richiedere controlli appropriati ed il riassetto delle regole per una formazione professionale in linea con il nuovo mercato del lavoro, esigente di professionalità in tempi brevi. Così la Sicilia è destinata a restare in eterno fanalino di coda in Europa.