Gela, ecco come si bruciano anche i rifiuti speciali
di JERRY ITALIA – Rifiuti speciali e scarti della lavorazione d’impresa, accatastati a tonnellate e poi dati alle fiamme illecitamente, in barba alle leggi che regolano il deposito e lo smaltimento: i titolari di una nota ditta di Gela attiva nel campo del trasporto rifiuti, anziché portarli in discarica, li bruciavano all’interno del perimetro della loro azienda, senza preoccuparsi del danno ambientale che stavano provocando al terreno e all’atmosfera, ma sono stati sorpresi da un blitz dei militari della Capitaneria di Porto che li hanno sorpresi nell’atto di dar fuoco ad uno dei cumuli. È successo in contrada Zai, lungo la strada provinciale 8 che da Gela porta a Butera, già tristemente nota per essere teatro di diversi abbandoni illeciti di rifiuti.
Stavolta però non si tratta di trazzere isolate, ma del piazzale di una ditta specializzata in cui, secondo quanto scoperto dai militari, venivano smaltiti irregolarmente i rifiuti dell’impresa. Nei giorni scorsi, durante uno dei controlli sul territorio ai fini del contrasto e della repressione degli illeciti in materia ambientale e sul ciclo dei rifiuti, una pattuglia del Nucleo Operativo di Polizia Ambientale in forza al Comando della Capitaneria di Porto di Gela, ha avvistato due grosse colonne di fumo bianco, provenire dal recinto di una delle ditte della zona. A quel punto i militari, hanno prima verificati quanto stesse accadendo al di là del muro e poi fatto irruzione sorprendendo un operaio che si accingeva a dare fuoco all’ennesimo cumulo.
L’uomo, dipendente della società, è stato dunque sorpreso in flagranza di reato mentre bruciava rifiuti speciali derivanti dall’attività d’impresa già precedentemente accatastati ed abbandonati in ingenti cumuli direttamente a contatto con il terreno. L’intervento immediato ha permesso ai militari di interrompere sul nascere il reato ambientale, accanto a quello già in fiamme infatti erano già pronti altri cumuli da incendiare. All’uomo è stato imposto l’immediato spegnimento del rogo per evitare che il reato venisse portato ad ulteriori conseguenze, come ad esempio il pericolo di diffusione di fumi tossici nell’ambiente. Tra i rifiuti infatti c’era anche diverso materiale di plastica industriale che bruciato sprigiona diossina nell’aria. Le aree in questione, per un’estensione di circa 1.500 metri quadrati, sono state poste sotto sequestro preventivo e al titolare della società è stato contestato il reato di combustione illecita di rifiuti speciali, che prevede la pena della reclusione da 2 a 5 anni. Pena che potrebbe essere aumentata di un terzo della durata trattandosi di fatto commesso nell’ambito dell’attività di impresa, Al titolare è stato anche contestato il deposito incontrollato di rifiuti. Il trasgressore dovrà adesso provvedere al ripristino ambientale della zona seguendo le procedure di bonifica e smaltimento ai sensi di legge.
Quella dei giorni scorsi è l’ennesima attività repressiva della Capitaneria di Porto di Gela nell’ambito dei reati che riguardano le tematiche ambientali su tutto il territorio di propria giurisdizione. Quest’ultima operazione della Capitaneria di Porto su una discarica abusiva è l’ottavo intervento nell’arco di un solo anno che le forze dell’ordine hanno portato a termine nei territori che circondano la città. Lo scorso febbraio un primo intervento i militari sequestrarono per il medesimo motivo un cantiere edile nel quartiere balneare di Manfria.
Anche in quel caso colsero in flagranza alcuni operai intenti a dare fuoco a diversi cumuli di rifiuti speciali, quasi del tutto resti della ristrutturazione di un fabbricato. Secondo quanto appurato dalle indagini era ormai diventata prassi smaltire i resti dandoli alle fiamme. Durante l’ispezione emersero numerose altre criticità relative proprio alla gestione del deposito temporaneo di rifiuti, che in barba ad ogni forma di controllo o regolamentazione, andava di fatto, a deturpare una zona rientrante nella fascia tutelata, a meno di 100 metri dalla linea di battigia, caratterizzata dalle dune naturali sovrastate da una rigogliosa macchia mediterranea. Il fenomeno dunque rimane ancora molto diffuso. Campagne e periferie vengono trasformate interritorio di conquista di tutte quelle aziende che trovandosi nell’impossibilità di scaricare nei luoghi preposti perché privi dei documenti necessari per smaltire gli scarti di lavorazione in maniera regolare approfittano di questi lembi di terra per liberarsi dei rifiuti, certi ormai di una certa aura di impunibilità che deriva dalla mancanza di controlli e quindi di sanzioni. Nell’ultimo periodo però la tendenza sembra essersi invertita con una notevole impennata sia all’attività repressiva che di quella preventiva.