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Zone franche montane: l’associazione alza la bandiera bianca

di Marco Gullà -





I segnali della resa più che della sconfitta arrivano da Palermo ed è amara la costatazione: “Siamo stanchi, ci fermiamo”, parla l’associazione Zone Franche Montane, che da diversi anni lotta affinché in Sicilia vengano accesi i riflettori sui centri abitati oltre i 500 metri ormai svuotati e privi di futuro. Hanno dichiarato la resa. Non possono più andare avanti. C’hanno provato in tutti i modi. Dalogando, alzando la voce, inducendo alla riflessione, manifestando. Adesso basta. L’associazione aveva proposto una politica di fiscalità di sviluppo, che si sarebbe articolata nella defiscalizzazione dei contributi Inps, dell’Imu e dell’Iprpef per le aziende che operano in quota, in questo modo si sarebbe alzata l’attrattività di queste zone. Il j’accuse è verso la politica siciliana. “Lo sviluppo strutturale delle aree interne della Sicilia, con il suo naturale contagio al resto dell’isola, non è una questione che interessa a tanti rappresentanti politici dell’ARS – afferma l’associazione Zone Franche Montane – il progetto, nonostante la fattibilità giuridica in quanto pienamente rientrante nelle disposizioni legislative e giurisprudenziali comunitarie e nazionali, deve restare solamente una vana aspirazione dei quanti resistono nei territori siciliani più svantaggiati dagli accadimenti economico-finanziari; e così continua l’emigrazione di tanti siciliani, si disperdono professionalità, si desertificano i territori”. Hanno le facce rassegnate i vertici dell’associazione, incontriamo il presidente davanti Palazzo dei Normanni a Palermo. “In questi corridoi si è deciso di dire no all’istituzione delle ZFM – osserva Vincenzo Lapunzina – è una grave disattenzione per le terre alte. Questi centri hanno necessità di programmazione, di guardare al futuro, dove ci sono migliaia di restanti che non vi sono nati per errore e hanno diritto di risiedervi”. In realtà a rigettare l’istanza non è stato il Parlamento Regionale Siciliano ma i burocrati di Palazzo dei Normanni, secondo cui questa legge deve essere trattata a Roma. “Alziamo bandiera bianca perché ci siamo stancati – ha precisato Lapunzina – sono 3.205 giorni di battaglia di civiltà, ma ancora non abbiamo raccolto nessun risultato tangibile e concreto per la nostra gente”. Una battaglia persa, le bandiere vengono ammainate, le zone franche montane restano un’illusione.