Vita impossibile dietro le sbarre. In Sicilia è allarme carceri
Nell’isola ci sono le case circondariali di più difficile gestione: Trapani, Agrigento, Favignana, Gela, Castelvetrano, Piazza Armerina, Sciacca e San Cataldo
In Sicilia è allarme carceri. Un’altra rissa, l’ennesima, nel carcere Ucciardone di Palermo. E’ successo la vigilia di Natale e ci sono di nuovo agenti contusi. Un’altra, la pre-vigilia. Un quadro desolante. Anche nel 2023 risse, aggressioni ad agenti di polizia penitenziaria nelle carceri siciliane. Palermo e Catania. Ma anche Noto, Trapani, Messina, Termini Imerese, Siracusa, Caltanissetta. L’ultima quella del 24 dicembre denunciata dal CNPP -Coordinamento Nazionale Polizia Penitenziaria- all’Ucciardone di Palermo e a distanza di sole 24 ore da una simile nello stesso luogo: “Agenti contusi durante una rissa con detenuti della nona sezione, che volevano vendicare un loro compagno che aveva avuto una violenta lite con un carcerato straniero il giorno prima”. Parole di Maurizio Mezzatesta, segretario regionale del CNPP. In attesa del bilancio di fine 2023, quello disponibile del 2022 parlava di 137 aggressioni verso il personale di polizia penitenziaria da parte dei detenuti, 154 tentati suicidi di detenuti, 11 suicidi, sette tentativi di evasioni, una evasione in ospedale. Nel 2023, i dati sommari ma disponibili, dicono di numeri in aumento. Nel carcere minorile di Palermo, ad aprile, masserizie a fuoco per una protesta. A Catania, in piazza Lanza, lo scorso ottobre, il tentativo di un detenuto di strangolare un agente. Sempre nel carcere di Catania, a febbraio, sei detenuti che hanno picchiato una guardia carceraria. La protesta scoppiata a fine novembre al carcere Malaspina di Caltanissetta rientrata dopo qualche ora di forte tensioni ma anche quella del 30 agosto al Pagliarelli di Palermo, meno intensa ma altrettanto forte quando quasi tutti i 180 detenuti hanno cominciato a battere pentole e stoviglie contro le sbarre, chiedendo condizioni migliori di vita. Tutti episodi denunciati dai vari sindacati che rappresentano i baschi azzurri ma che, nei fatti, hanno prodotto solo una sequela di notizie e nulla più. Come se, sostanzialmente, al di là dell’eco più. O meno ampia del momento, tutto poi si riconducesse a una normalità che di normale ha ben poco. Il giorno di Natale, Antonio Nicita, senatore siracusano del Partito Democratico, ha diffuso una nota dopo avere visto, la vigilia di Natale, la situazione nei tre istituti penitenziari della sua zona: Cavadonna Siracusa, Noto e Augusta: “Riporteremo in una nuova interrogazione le criticità e avanzeremo soluzioni già contenute negli emendamenti PD alla legge di bilancio 2024 sul tema carceri“, scrive Nicita. Ha riscontrato criticità infrastrutturali nei bagni e nelle docce ad Augusta; personale insufficiente sempre ad Augusta ma anche a Siracusa; personale medico ed infermieristico carente in tutti e tre le strutture giudiziarie e, infine, scrive Nicita, “l‘urgenza di assistenza psicologica ad Augusta e Siracusa”. Un quadro che definire disastroso appare quasi eufemistico. E quello che emerge sembra essere la punta d’iceberg che, per fortuna, non ha ancora prodotto situazioni limite, almeno in questo 2023 che va a chiudersi. C’è un’unica sacrosanta verità. Ed è quella che a luglio fu denunciata manifestando davanti l’Ucciardone, carcere simbolo degli istituti penitenziari siciliani: in Sicilia mancano poco meno di 1.200 agenti penitenziari rispetto all’organico minimo previsto. Dato allarmante, se raffrontato ad una popolazione detenuta di oltre 6.200 unità, di cui quasi 1.000 stranieri. Le condizioni di vivibilità sono al limite, il personale che vigila è a rischio di logorio fisico e sottoposto a stress operativo. Nell’isola ci sono le carceri di più difficile gestione rispetto al quadro generale del Paese: Trapani, Agrigento, Favignana, Gela, Castelvetrano, Piazza Armerina, Sciacca e San Cataldo. Ma, evidentemente, episodi, numeri e casi acclarati, non. Sono bastevoli per fare seriamente qualcosa.