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Attualità

Tre migranti dispersi nel Canale di Sicilia: si erano gettati in mare per chiedere aiuto.

di Enzo Scarso -





L’azzurro del Mediterraneo si è tinto ancora una volta di silenzio e scomparsa. Tre vite inghiottite dalle onde. Due giovani uomini della Guinea e un minore del Camerun — sono loro i protagonisti tragici dell’ultima, disperata illusione: farsi notare da un peschereccio che navigava lontano, lanciandosi in mare nella speranza che qualcuno li salvasse. Invece, la loro storia si è dissolta fra i flutti, come una richiesta d’aiuto mai ascoltata.

Lo hanno raccontato i superstiti — 50 migranti recuperati ieri da una motovedetta nel Canale di Sicilia — al personale dell’hotspot di Lampedusa e alla Guardia Costiera. Erano a bordo di un barchino di sei metri, partito da El Amra, in Tunisia. Quando il carburante è finito, hanno vagato, impotenti, alla deriva. Poi la scelta estrema: in tre si sono tuffati per provare a raggiungere un’imbarcazione che pareva promettere soccorso. Ma non sono mai più riemersi.

Il racconto è nitido e agghiacciante: non c’è spazio per l’immaginazione. Solo per l’ennesimo lutto sommerso, per una tragedia che si ripete identica da troppi anni. Senza memoria, senza nome, senza giustizia.

Nel frattempo, sul molo Favarolo sono sbarcati anche due bambini, tra i tanti migranti giunti nelle ultime ore. Uno dei due, disidratato e in condizioni critiche, era a bordo proprio dello stesso barchino dal quale si sono lanciati i tre dispersi. La piccola è stata affidata alle cure del poliambulatorio di Lampedusa, in contrada Grecale. L’altro è un minore giunto nella notte, soccorso da una motovedetta della Guardia di Finanza che ha salvato 55 persone provenienti da Eritrea, Etiopia, Bangladesh, Egitto, Pakistan, Sudan e Somalia. Il loro viaggio — partito da Zuara, in Libia — è costato tra i 4 e i 7 mila dollari a testa. La tariffa della disperazione.

Eppure, tutto questo non scuote più. Le tragedie nel Mediterraneo sembrano non far più rumore. I tre dispersi sono già “dati”, “statistiche”, “casi”, “numeri”. Ma dietro quei numeri ci sono occhi che hanno guardato la morte e mani che hanno invocato una salvezza che non è arrivata. È il mare che, ancora una volta, restituisce l’indifferenza dell’Europa.

E allora resta una domanda, sempre la stessa: quanto ancora possiamo sopportare questa rimozione collettiva, questa assuefazione alla morte in mare?

O forse non ci siamo già assuefatti del tutto?

“Nel mare ci sono i pesci… e ci sono i fantasmi. Ma i fantasmi siamo noi.”

— Anonimo, hotspot di Lampedusa.