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Tra inchieste e riforme incompiute: politica alla prova credibilità

Inchieste giudiziarie, emergenze idriche e sanitarie, riforme in stallo: la Regione ha affrontato un’estate politica rovente tra tensioni interne e sfide irrisolte

di Maria Vittoria Rickards -





La politica siciliana si trova, ancora una volta, in una fase segnata da turbolenze e incertezze. Una terra che da decenni vive un rapporto difficile con le proprie istituzioni, strette tra emergenze quotidiane e scandali ciclici. Oggi è attraversata da dinamiche che rischiano di incrinare la fiducia dei cittadini e di rallentare ulteriormente il processo di riforma e modernizzazione. L’estate 2025 porta con sé un quadro complesso, fatto di indagini giudiziarie che lambiscono i vertici istituzionali. Le crisi idriche e sanitarie mettono in difficoltà la tenuta del sistema, e una maggioranza regionale che, pur solida nei numeri, mostra crepe e fragilità nella gestione delle riforme più delicate.

Il caso Galvagno

Il nome che domina le cronache politiche siciliane delle ultime settimane è quello di Gaetano Galvagno, presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana (ARS) ed esponente di punta di Fratelli d’Italia. Galvagno è stato raggiunto da un avviso di conclusione delle indagini nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Procura di Palermo che ipotizza a suo carico reati di corruzione e peculato. Secondo gli inquirenti, avrebbe favorito l’assegnazione di fondi pubblici a imprenditori privati in cambio di incarichi e benefici riservati a propri collaboratori.

Il presidente dell’ARS respinge ogni accusa e ha escluso l’ipotesi di dimissioni. «Non ho ricevuto alcuna richiesta di rinvio a giudizio e non intendo sottrarmi alle mie responsabilità istituzionali», ha dichiarato nei giorni successivi alla diffusione della notizia. Ma al di là della sua posizione difensiva, l’inchiesta rischia di avere ricadute significative non solo sul piano giudiziario, ma anche politico: la presidenza dell’ARS rappresenta infatti il vertice dell’istituzione parlamentare siciliana, e un suo indebolimento mette in discussione la credibilità complessiva dell’Assemblea.

L’indagine, inoltre, non si limita a Galvagno come figura isolata. Il timore, espresso da osservatori e avversari politici, è che si possa trattare solo della prima crepa di un sistema più ampio, che potrebbe coinvolgere altri esponenti regionali e, potenzialmente, avere riflessi persino a livello nazionale. Per Fratelli d’Italia, che in Sicilia ha consolidato una posizione di forza, la vicenda rappresenta un banco di prova delicato, che potrebbe incidere sull’immagine di un partito che a Roma è forza di governo.

Una maggioranza in affanno tra aula e governo

Se il fronte giudiziario mette pressione, quello parlamentare non è da meno. La legislatura guidata dal presidente della Regione Renato Schifani (Forza Italia) si trova a fare i conti con un’Assemblea spesso bloccata da ostruzionismi, rinvii e contrasti interni. La stessa riforma dei Consorzi di bonifica, ritenuta strategica per la gestione delle acque in agricoltura, è stata affossata da un voto trasversale che ha visto franchi tiratori all’interno della stessa maggioranza.

La riforma puntava a razionalizzare un sistema oggi inefficiente, segnato da debiti, carenze di personale e incapacità di rispondere alle necessità degli agricoltori. La bocciatura di articoli chiave del disegno di legge ha costretto il governo regionale a rinviare tutto a dopo l’estate, con l’impegno a rielaborare il testo. Un duro colpo, non solo simbolico, che mette in luce le difficoltà di Schifani nel tenere unita la sua coalizione, composta da forze che vanno da Fratelli d’Italia alla Lega, passando per i centristi.

L’emergenza idrica

Oltre alle questioni istituzionali, la Sicilia affronta un’emergenza concreta e quotidiana: la crisi idrica. La Regione ha approvato di recente la cosiddetta manovra ter, che stanzia risorse per fronteggiare l’emergenza siccità e rilanciare investimenti in infrastrutture idriche. Tra i progetti più rilevanti vi sono i finanziamenti ai dissalatori di Trapani, Gela e Porto Empedocle, oltre a interventi per la manutenzione e l’ammodernamento delle dighe esistenti.

Il quadro resta critico: la Regione ha chiesto al Governo nazionale la proroga dello stato di emergenza, consapevole che la carenza di acqua non è solo un problema ambientale, ma anche sociale ed economico. Interi settori agricoli rischiano infatti di perdere competitività, mentre cittadini e imprese si trovano a fare i conti con razionamenti e interruzioni nell’erogazione.

La gestione dell’acqua, in Sicilia, è da sempre una questione strategica e politica. La capacità della giunta Schifani di trasformare le risorse stanziate in cantieri reali sarà decisiva per recuperare credibilità agli occhi dei cittadini, abituati a vedere annunci che spesso non si traducono in risultati concreti.

La sanità al centro del dibattito

Accanto all’acqua, la sanità resta un altro grande banco di prova. La nuova rete ospedaliera elaborata dall’assessorato è stata approvata dalla Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, ma incontra resistenze e critiche. L’Anci Sicilia, che rappresenta i comuni, ha espresso perplessità sulla scarsa integrazione tra ospedali e servizi territoriali. I sindacati, dal canto loro, lamentano carenze nella pianificazione dei posti letto e nei percorsi di cura, paventando rischi per i cittadini nelle aree interne e periferiche dell’Isola.

In VI Commissione all’ARS, il dibattito si è tradotto in rinvii e richieste di documentazione aggiuntiva, segno di un percorso ancora accidentato. La riforma, che dovrebbe rappresentare il cuore del rilancio della sanità siciliana, rischia di trasformarsi nell’ennesimo compromesso al ribasso, in un settore già segnato da carenze croniche di personale, lunghe liste d’attesa e migrazioni sanitarie verso il Nord Italia.

Testimoni di giustizia: l’allarme sulla sicurezza

Un altro fronte di tensione si è aperto con la vicenda dei testimoni di giustizia, figure fondamentali nella lotta alla criminalità organizzata. Recenti richieste della Regione per ottenere dati sensibili di persone sotto protezione hanno sollevato forti preoccupazioni. Le associazioni che li rappresentano temono che la trasmissione di queste informazioni possa compromettere programmi di sicurezza costruiti in anni di lavoro e sacrifici.

In una terra segnata dalla presenza storica di Cosa nostra, la tutela dei testimoni di giustizia non è solo una questione tecnica, ma un simbolo della capacità dello Stato di proteggere chi ha avuto il coraggio di denunciare. Eventuali leggerezze burocratiche o istituzionali rischierebbero di minare uno dei pilastri della lotta antimafia.

Un equilibrio instabile

Nel complesso, la Sicilia appare oggi come una Regione sospesa su un equilibrio fragile. Da un lato, la necessità di affrontare emergenze concrete e quotidiane; dall’altro, la fatica di una classe politica alle prese con scandali e divisioni interne.

Il futuro immediato dipenderà da vari fattori:
 l’esito dell’inchiesta che coinvolge il presidente dell’ARS;
 la capacità della maggioranza di ricompattarsi attorno a riforme strategiche come quella dei consorzi di bonifica;
 la rapidità nell’attuare gli investimenti in sanità e infrastrutture idriche;
 la sensibilità nel gestire dossier delicati come quello dei testimoni di giustizia.

La Sicilia, in altre parole, si trova davanti a una scelta cruciale: confermare l’immagine di una politica ripiegata su sé stessa, o dimostrare finalmente di saper rispondere ai bisogni dei cittadini con decisioni concrete ed efficaci. Il tempo, e soprattutto i fatti, diranno quale strada sarà imboccata.