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Tormenti e riscatto di Giuseppe Tomasi, principe di Lampedusa

di Redazione -





di GIANLUCA GIOÈ– Tormenti e riscatto di Giuseppe Tomasi, principe di Lampedusa

Il 23 marzo 2024, le spoglie dell’illustre e nobile scrittore palermitano, Giuseppe Tomasi, duca di Palma e principe di Lampedusa, per meritoria iniziativa del rettore della Basilica di San Domenico di Palermo, padre Sergio Catalano, sono state traslate dal cimitero dei Cappuccini, dove lo scrittore riposava dal 28 luglio 1957, nel Pantheon degli illustri di Sicilia. Un tempio della cultura, ospitato proprio nella Basilica di San Domenico. L’innovativa idea di un luogo della memoria collettiva, dedicato a personaggi di spicco, era nata dall’apprezzabile iniziativa del critico e collezionista di opere d’arte, Agostino Gallo che, nella prima metà dell’Ottocento, ispirato dall’imponente basilica francescana di Santa Croce a Firenze, volle anch’egli consacrare un luogo dedicato alla memoria di quanti avessero dato lustro alla Sicilia, distinguendosi nei vari rami del sapere. San Domenico ospita, tra gli altri, il poeta Giovanni Meli, l’astronomo G. Piazzi, gli scultori Civiletti e Villareale, il presidente del Consiglio Italiano F. Crispi, l’archeologo S. Tusa (traslato nel 2019) e non ultimo il giudice Giovanni Falcone.

Ma torniamo a Giuseppe Tomasi di Lampedusa e al suo riscatto postumo. Complesse e tormentate le vicende editoriali del suo Gattopardo, scritto tra il ’55 e il 56, il cui dattiloscrittoera stato fatto pervenire da Lucio Piccolo, poeta e primo cugino dello scrittore, alla casa editrice Mondadori, di cui era allora consulente editoriale lo scrittore ragusano Elio Vittorini. Era il 22 ottobre del 1956 quando, a seguito di un parere non favorevole, il romanzo non ebbe seguito editoriale. E’ da dire che il dattiloscritto era incompleto, mancavano ancora due capitoli, le vacanze di Padre Pirrone e la scena del ballo tra il principe Salina e Angelica: sarebbe comunque inverosimile credere che i due capitoli mancanti in questione, presenti nella stesura definitiva, abbiano costituito la vera causa del rifiuto…  Nella primavera del 1957 un secondo tentativo fu esperìto dal noto libraio palermitano in persona, Fausto Flaccovio, il quale fece pervenire nuovamente il dattiloscritto del Gattopardo ad Elio Vittorini in quel frangente responsabile della collana “I Gettoni“, diretta per Einaudi. Il romanzo fu respinto e il “gran rifiuto” si concretizzò tramite una lettera dello scrittore ragusano indirizzata allo stesso Giuseppe Tomasi, che si trovava a Roma per curare la malattia che ne avrebbe prematuramente determinato la scomparsa il 23 luglio 1957; nel contenuto della missiva, il romanzo veniva bollato come “veccchiotto, da fine Ottocento” e comunque non in linea con la linea editoriale della collana da lui diretta. Il Gattopardo è tutt’altro che ottocentesco, rientra a pieno titolo tra i romanzi del Novecento, ed ha come fulcro narrativo non soltanto la decadenza della classe nobiliare, immortalata nel delicato momento del trapasso dallo Stato preunitario all’Italia unificata, ma è emblema di tutti i delicati “riti di passaggio” che interessano le epoche più disparate.

Anche i grandi possono sbagliare. Il romanzo, tramite una fortunata sequela di passaggi di mano, pervenne nelle mani del celebre autore de “Il giardino dei Finzi Contini“, Giorgio Bassani, il quale, nella notte chiamò l’amico e giornalista Mario Soldati: dopo una full immersion nel mondo concettuale ed interiore del nobile principe palermitano, fu compreso appieno il pregio di un’opera letteraria senza tempo.  Il romanzo si troverà in libreria l’11 novembre 1958 per Feltrinelli. Non è un caso che la prima edizione de Il Gattopardo, tiratura limitata, abbia un valore economico cospicuo. Tradotto in moltissime lingue in tutto il mondo, il romanzo si impose a livello nazionale ed internazionale e già nel 1959 fu ritenuto degno dell’onore del premio Strega, divenendo un best-seller con oltre 100.000 copie vendute. Senz’altro degna di nota è la trasposizione cinematografica di Luchino Visconti che, nel 1963, protagonisti Burt Lancaster (nei panni del protagonista, Fabrizio Salina), Claudia Cardinale, (che interpreterà la bella e giovane Angelica) e Alain Delon (nei panni del baldo Tancredi), ne fece un cult della cinematografia internazionale; premiato al Festival di Cannes, ottenne la palma d’oro come miglior film.

Ma in cosa consiste il riscatto post mortem del principe? Tomasi di Lampedusa oggi “dialoga” con Giovanni Falcone; le sue ceneri, poste proprio di fronte a quelle del magistrato trucidato dalla mafia il 23 maggio 1992, sembrano condividere con lui la delusione e l’amarezza di un mancato apprezzamento in vita. Il magro riscatto postumo del valore troppo tardi riconosciuto si traduce in un consolatorio abbraccio tra due grandi di Sicilia.