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Cronaca

Spaccio, estorsioni e usura a Picanello. Operazione GdF a Catania e non solo

L'azione delle fiamme gialle, ha interessato anche l'area nissena, l'hinterland catanese e Vibo Valentia

di Alessandro Fragalà -





Tutto parte da un’operazione chiamata ‘Tuppetturu’ e in quell’occasione era stata intercettata una conversazione tra alcuni soggetti che discutevano delle dinamiche criminali in evoluzione tra i nuovi referenti del “Gruppo di Picanello”, estensione nel quartiere catanese della famiglia Santapaola-Ercolano. Da questo la nuova indagine che ha portato, in un’operazione che ha visto in impegnati i finanzieri di Catania, Acireale, Riposto, Paternò e Vibo Valentia, all’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 15 persone (una ai domiciliar), al sequestro di 9 attività commerciali aventi sede a Catania e operanti nel settore dell’edilizia, 81 tra fabbricati e terreni che si trovano  nelle province di Catania e Arezzo, di 5 autovetture e di disponibilità finanziare per un valore complessivo di oltre 12 milioni di euro.  Le indagini hanno ricostruito l’organigramma del gruppo e le sue attività criminali, che comprendevano usura, estorsione, traffico di droga e riciclaggio di denaro. In particolare, è emerso che il gruppo era diretto da Carmelo Salemi, detto “u ciuraru” (il fioraio) e da Giuseppe Russo, detto “il giornalista” o “l’elegante”, divenuto di fatto il reggente del gruppo dopo l’arresto di Salemi nel 2020. Del gruppo avrebbe fatto parte anche Antonino Alecci, il gestore dell’attività di gioco d’azzardo illegale praticata nel quartiere Picanello, i cui introiti sarebbero stati destinati al clan. Avrebbe anche avuto l’incarico della raccolta dei soldi delle estorsioni, comprese quelle perpetrate a Natale e Pasqua, pur occupandosi personalmente del traffico delle sostanze stupefacenti per conto del clan. Ma una delle attività maggiormente redditizie per il clan era l’usura: piccoli prestiti (da 500 a 2500 euro) da rimborsare in rate settimanali o mensili con un tasso di interesse che oscillava tra il 140% e il 350%. Il quartier generale era un noto bar di Picanello. Le indagini hanno anche permesso di accertare che il gruppo mafioso aveva messo in piedi un sistema di riciclaggio dei proventi delle attività illecite


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