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Sicilia, una Regione “speciale” ma soltanto per… Statuto

77 anni di autonomia mai sfruttati fino in fondo. A parte qualche trattenuta qua e là, alla fine si è sempre trovata a battere cassa allo Stato. Mentre si parla e si decide di quella differenziata la vera domanda è: Ma a cosa è servita l’autonomia per i Siciliani?

di Luca Bonina -





Ben settantasette anni di autonomia siciliana mai sfruttati fino in fondo: perché la Sicilia è sempre stata autonoma ma la leva che fa per la piena applicazione del suo Statuto speciale, è solo il fatto che trattiene per sé la gran parte delle imposte come il 71% dell’Irpef, il 100% dell’Ires e il 36% di Iva. Alla fine però, si è sempre trovata costretta a battere cassa come nel caso della sanità perché, sui 12 miliardi che le servono ogni anno, 6 se li fa dare dallo Stato. Dunque, la vera domanda è: a cosa è servita l’autonomia speciale per i Siciliani? Più o meno a niente. E adesso l?isola come il resto del Sud, è travolta dal ddl sull’Autonomia differenziata che lo scorso martedì ha incassato il primo sì da parte del Senato. “Non siamo stati mai in grado di sfruttare la nostra condizione di Regione a Statuto autonomo. Prima di affrontare la questione dell’autonomia differenziata, per noi Siciliani piuttosto relativa, dovremmo ricontrattare il rapporto con lo Stato”. Lo dice a L’Identità il presidente di Anci Sicilia, Paolo Amenta, che critica il ddl sull’autonomia differenziata. E ha ragione.

Perché la Sicilia ha uno statuto che l’avrebbe resa autonoma già da tempo. Ma non ne ha mai capito i reali vantaggi. “Dovremmo rivedere l’accordo Stato-Regione attraverso le specificità del nostro Statuto. Vantaggi non ne abbiamo mai visti. Ci è stata riconosciuta l’insularità dall’Europa e dalla Costituzione italiana, ma ancora attendiamo i veri benefici di questo riconoscimento. È arrivato il momento di raccontare la verità ai Siciliani e di parlare di servizi. Quelli che mancano, come gli asili nido che dovrebbero essere garantiti a tutti i bambini da zero a trentasei mesi. In Sicilia solo l’8 per cento dei bambini ha un posto in asilo nido contro il 50 per cento dell’Emilia Romagna, mentre l’Europa impone di raggiungere almeno il 33 per cento. Se questa è la differenza tra il Nord e la Sicilia, allora abbiamo fallito in tutto. Dei 566 Comuni veneti neanche uno ha problemi economici mentre su 391 Comuni siciliani ben 120 si trovano in dissesto o pre-dissesto. Forse sarebbe stato il caso di cogliere meglio le opportunità offerte dallo Statuto speciale e di aprire un confronto serrato con lo Stato”. Lo stesso presidente della Regione siciliana Renato Schifani ha dichiarato durante le celebrazioni annuali per lo Statuto che tale autonomia non è mai stata applicata fino in fondo. Ma questo i Siciliani lo sanno bene, soprattutto quanti attualmente studiano, lavorano o si fanno curare al Nord.

L’autonomia, che pure nacque dalla necessità di colmare cento anni di disattenzioni e di trascuratezza, non ha mai raggiunto gli obiettivi di sviluppo sociale ed economico di partenza, costringendo la Sicilia a vestire perennemente i panni della Cenerentola d’Italia. Il divario tra Nord e Sud del Paese è aumentato ed ora eco anche la beffa che tale forbice possa solamente allargarsi perché quello che non è riuscita a fare la Sicilia con la sua autonomia potranno presto farlo tante altre regioni del nord grazie al ddl Calderoli sull’autonomia differenziata che si rifà al comma 3 nato dalla legge costituzionale del 18 ottobre 2001. Si tratta del conferimento alle Regioni a statuto ordinario della possibilità di vedersi attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in 23 materie tra cui istruzione, salute, ambiente, internalizzazione delle imprese, tutela e sicurezza del lavoro e produzione di energia. Si calcola che se Emilia Romagna, Lombardia e Veneto dovessero trattenere, come prevede il ddl, le 23 materie attualmente di competenza dello Stato centrale e quindi incassare le relative risorse economiche, il 30 per cento di risorse Irpef verrebbe meno quanto alla fiscalità generale: tradotto in soldi, si parla di un miliardo e mezzo di euro in meno per la Sicilia. La Sicilia, per raggiungere certi livelli essenziali di prestazioni (i Lep), parametri standard che diventerebbero validi per tutta l’Italia secondo la riforma, dovrà faticare molto di più. Si paventa che le risorse non bastino per cui lo Stato dovrebbe compensare.