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Ambiente

Sicilia a secco anche in Cdm. Musumeci non approva lo stato di emergenza

di massimilianoadelfio -





di ANGELO VITALE
Due giorni prima della Festa del Lavoro il ministro della Protezione civile Nello Musumeci si è dimenticato del “lavoro” da fare nel Consiglio dei ministri per la regione di cui è stato governatore.
Con chi avrà parlato a Palazzo Chigi nei giorni scorsi il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani prima di ribadire e promettere ai giornalisti la dichiarazione dello stato di calamità per la siccità nell’isola sul tavolo di Palazzo Chigi per ieri? “Abbiamo chiesto al governo nazionale la dichiarazione di stato di emergenza, ho parlato con Palazzo Chigi e mi è stato annunciato che il Consiglio dei ministri affronterà il tema martedì 30”.
“La Regione si sta organizzando”, aveva precisato il governatore. E, almeno per ora, dopo questo stop dovrà davvero attendere, per le opere urgenti da mettere in campo. Pozzi e dissalatori mobili, innanzitutto. Semmai adoperandosi per premere l’acceleratore sulle iniziative contenute nella limitata manovra di Giunta che rientra nella generica definizione “Disposizioni finanziarie varie”.
Un disegno di legge che già una settimana fa i media locali indicavano da sottoporre all’esame dell’Ars, quell’Assemblea da qualche giorno finita nell’occhio del ciclone per il dettagliatissimo esposto diffuso da 103 associazioni, infuriate con l’assessore al Turismo Elvira Amata e con i deputati regionali che la rappresentante del partito di Giorgia Meloni per la delega da settimane criticatissima per lo scandalo SeeSicily indica come responsabili di contributi a pioggia a una sessantina di assiociazioni e Comuni.
L’attivazione di nuovi pozzi e di dissalatori mobili rientra nel quadro di interventi e soluzioni cui ha lavorato la cabina di regia per l’emergenza idrica. Immaginando di estendere il piano ad una riattivazione di quelli che la Regione definisce “dissalatori abbandonati”.
Impianti che, per la verità, dopo essere stati finanziati, realizzati e gestiti nei decenni scorsi, sono stati poi messi da parte. Alla fine, talvolta anche vandalizzati. Mentre su quei territori, come L’identità ha raccontato nelle settimane scorse, non decollava un sistema alternativo ad impianti un tempo considerati fondamentali.
Nove i tavoli di lavoro già operativi cui ora – aspettando che Palazzo Chigi davvero dià il via libera all’ufficializzazione dello stato di calamità – andrà assicurato nuovo impulso. Nell’ampio ventaglio di azioni prese in esame, la rigenerazione di altri sorgenti esistenti, la pulizia delle traverse dei corsi d’acqua, il ripristino delle autobotti comunali.
Come si vede, opere che appartengono a quanto nell’isola finora non si è mai guardato con impegno e determinazione. Perché cinquanta sarebbero i pozzi e le sorgenti esistenti ad uso idropotabile da riattivare, almeno cento i siti, vicini a condutture e linee elettriche, in cui scavare nuovi pozzi ad uso irriguo. Numerosi, gli interventi necessari su impianti di pompaggio e condutture, molteplici le operazioni di sfangamento da adottare nelle traverse fluviali.
Di singolare effetto, la rilettura delle parole che Musumeci solo sette giorni fa diceva a Radio Rai, prendendosela con il fanatismo ambientalista che immobilizza il “fare” e con la “politica” che in passato pensava soli ai “tagli di nastro”: “La siccità è una priorità che va affrontata non in termini di emergenza, ma con una programmazione sana, seria, concreta e costruttiva”.
Ieri, in Consiglio dei Ministri, Musumeci è stato preso da necessità evidentemente ritenute più urgenti, quelle di Toscana e Calabria. Stanziando per la prima regione ulteriori 88,5 milioni “per la realizzazione degli interventi in conseguenza degli eccezionali eventi metereologici del novembre 2023 nelle province di Firenze, Livorno, Pisa, Pistoia e Prato” oltre che in quelli precedenti avenuti nelle province di Massa-Carrara e di Lucca.
E definendo, per la seconda, la proroga di 12 mesi dello stato di emergenza già deliberato in conseguenza dei fatti dell’inverno 2022 nelle province di Crotone, Catanzaro e Cosenza.