Leggi:

Primo Piano

Sequestrati 1,4 milioni di euro ai fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro

di Redazione -





Un’operazione di grande rilevanza è stata condotta dai finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, sotto la guida del generale Domenico Napolitano, che hanno eseguito due decreti di sequestro per un valore complessivo di 1,4 milioni di euro. I provvedimenti sono stati emessi dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Trapani nei confronti di Laura Bonafede e di suo cugino Andrea Bonafede, entrambi ritenuti figure chiave nel sistema di protezione che ha garantito la lunga latitanza di Matteo Messina Denaro, l’ex superlatitante di Cosa Nostra.

I protagonisti dell’inchiesta

Laura Bonafede, insegnante di 57 anni, è stata per decenni una figura molto vicina al boss mafioso. La donna non solo avrebbe avuto un legame sentimentale con Messina Denaro, ma avrebbe anche svolto un ruolo attivo nella rete di supporto che ha permesso al capomafia di vivere nascosto per tanti anni, proteggendolo dagli investigatori e fornendogli aiuti logistici e copertura. La maestra è stata condannata in primo grado a 11 anni e 9 mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa e altri reati connessi al sostegno al boss.

Andrea Bonafede, geometra di 62 anni originario di Campobello di Mazara, è stato un altro tassello fondamentale nella rete di protezione di Messina Denaro. È stato lui a prestare la sua carta d’identità al boss, consentendogli di vivere sotto falso nome e di accedere a cure mediche senza destare sospetti. Anche Andrea Bonafede è stato condannato in primo grado a una pena severa di 14 anni di carcere, poiché ritenuto responsabile di aver fornito copertura logistica e documenti falsi al boss di Cosa Nostra, permettendogli di proseguire la sua latitanza indisturbato.

Le indagini e i sequestri

Le misure di sequestro sono scaturite da due distinti procedimenti di prevenzione, avviati dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro. Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Palermo, guidata dal procuratore Maurizio de Lucia, hanno permesso di ricostruire nel dettaglio il patrimonio accumulato dai Bonafede e di individuare il possibile utilizzo di fondi per finanziare la latitanza del boss mafioso.

Gli inquirenti hanno svolto un lavoro meticoloso per risalire ai flussi di denaro e ai beni riconducibili ai due fiancheggiatori, individuando elementi che dimostrano come parte di quel patrimonio fosse destinato a sostenere la vita clandestina di Messina Denaro. La sezione misure di prevenzione del tribunale di Trapani ha quindi disposto il sequestro di un vasto patrimonio, composto da:

  • 8 immobili tra appartamenti e terreni situati nei comuni di Campobello di Mazara (TP), Castelvetrano (TP) e Palermo;
  • 13 rapporti bancari, tra conti correnti e depositi;
  • 1 veicolo di proprietà di uno degli indagati.

Il valore complessivo dei beni sequestrati ammonta a circa 1,4 milioni di euro, segno evidente dell’importanza economica della rete di supporto che ha protetto Messina Denaro nel corso della sua lunga latitanza.