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Sciascia e la terra irredimibile Sicilia, Risorgimento cercasi

di Redazione -





Leonardo Sciascia definì la Sicilia una terra irredimibile con un certo pessimismo da un lato e “istoricismo” dall’altro, profilando un declino ineluttabile per i sei milioni di abitanti dell’isola anche se proseguiva con più incoraggiante “bisogna continuare a lottare, a pensare e ad agire, come se non lo fosse”. Certamente alla luce del periodo in cui lo scrittore viveva è giustificabile un’affermazione del genere, e anche oggi sembrerebbe che avesse proprio ragione. Ma questo pessimismo da cosa nasce? è sempre stato così e quindi “istoricisticamente” sarà sempre così? Motivi per credere che ci possa essere a breve un “rinascimento” siciliano sembra che non ce ne siano, vista la qualità della politica locale della destra, del centro, della sinistra che amministra o ha amministrato la regione e le altre istituzioni pubbliche. La fiducia poi che si possa cambiare rotta affidandosi a un imbonitore di turno, che in virtù dei poteri dello stato, magicamente ribalti l’attuale situazione di declino, è velleitaria se non perniciosa.

Lo stato fu inventato per tutelare libertà e proprietà degli individui, poi un’idea totalitaria e dirigista da Platone a Hegel ne ha fatto un idolo a cui chiedere assistenza dalla culla alla tomba e dal centralismo romano in Sicilia si è passati a quello regionale, in nome di un’autonomia fallita perché tradita nel tempo da un ceto politico ed imprenditoriale incapace di interpretarla in senso libertario così come era stata pensata. Purtroppo gli attori che si aggiravano intorno ai palazzi del potere siciliano, come don Luigi Sturzo denunciava, erano troppo interessati alle questioni di potere spicciolo che alla rinascita dell’isola.

Dal settecento ad oggi la trinacria ha subito un processo regressivo di depauperamento culturale dovuto alla scomparsa di quelle istituzioni culturali che furono le “accademie” all’interno delle quali fiorirono le idee che cambiarono il volto dell’Europa. In Sicilia proprio grazie a queste associazione arrivò l’Illuminismo che produsse il risveglio delle arti che ancora oggi possiamo ammirare per le vie delle città isolane. La scienza, intesa come ricerca della verità e non come artificio per predire qualche fenomeno come sosteneva il cardinale Roberto Bellarmino scrivendo di Galileo, divenne, scrive Karl Popper in Congetture e confutazioni, “una delle maggiori forze che operano in favore della libertà umana”. Fu la riscoperta della tradizione filosofica degli antichi greci che fece uscire l’uomo dalla schiavitù della superstizione e dell’ignoranza. Nacque così la globalizzazione delle lettere e della conoscenza, caratterizzata da un’intensa attività di scambi epistolari, pubblicazioni, istituzioni di società, circoli e accademie in tutte le capitali d’Europa come a Parigi, Londra, Napoli, Firenze, Amsterdam, Pietroburgo, Copenaghen, Edimburgo, Berlino, Milano, Vienna, Padova, Palermo.

Vanno ricordate anche quelle nate prima del ‘700 come l’Accademia della Crusca di Firenze nel 1583, l’Accademia dei Lincei di Roma nel 1603, la Royal Society londinese nel 1660 della quale furono membri Robert Boyle, Michael Faraday, John Locke, Isaac Newton, Leibniz, Alessandro Volta e Albert Einstein. Michele Maylender, nella sua Storia delle accademie d’Italia, ne indica almeno 170 in Sicilia tra il Cinquecento e il Novecento tra le quali l’Accademia palermitana del buon gusto nelle scienze, nelle belle lettere e nelle lingue (1718), l’Accademia degli Ereini (1730), quella dei Pericolanti di Messina (1727), degli Aretusei a Siracusa (1735) e degli Etnei a Catania (1672), Accademia dei Rinnovati della Fenice (1575) e l’Accademia degli Agricoltori Oretei di Palermo (1753). Divennero i centri in cui si diffuse il sapere e il metodo galileiano, si formarono idee e movimenti che portarono la Sicilia ad essere un’avanguardia culturale e politica fino a gettare le basi per i successivi movimenti del 1848 e del Risorgimento italiano.

Oggi che di un nuovo “Risorgimento” avremmo proprio bisogno cosa rimane di quella esperienza culturale? Poche ed elitarie realtà: l’Accademia nazionale di scienze, lettere e arti (Palermo) erede di quella del “Buon gusto”, l’Accademia Peloritana dei Pericolanti, l’Accademia di Sicilia, Accademia delle Scienze Mediche, la Fondazione Sicilia, l’Accademia Gioenia, Società Nissena di Storia Patria, Società Siciliana per la Storia Patria, Accademia di scienze, lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafnici. Solo ritrovando quello spirito critico che caratterizzò gli intellettuali del settecento si può sperare nella rinascita della cultura della libertà e della conoscenza che non vive di prebende pubbliche ma del genio individuale. A tal proposito va ricordato quello che Giovanni Gentile scrive ne Il tramonto della cultura siciliana “a poco per volta, dunque, le barriere attorno alla Sicilia son cadute; e son cadute non solo pel consolidarsi dell’ unità politica e del sempre crescente, sviluppo degli interessi comuni, economici e morali della nazione (…) ma anche pel naturale effetto dello stesso incremento della cultura scientifica, che è sempre vento benefico, purificatore di ogni ambiente chiuso, in cui l’aria ristagni e si corrompa.”