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Attualità

Sbarchi in Sicilia. L’isola resta la frontiera d’Europa

di Enzo Scarso -





La Sicilia continua a portare sulle proprie coste il peso di una crisi epocale. Nel mese di luglio 2025, l’81% degli arrivi via mare in Italia è avvenuto a Lampedusa, trasformata ormai da tempo in una trincea umanitaria, geopolitica e morale. E nei primi sette mesi dell’anno, l’isola ha concentrato il 77% degli sbarchi nazionali. Un dato in crescita rispetto allo stesso periodo del 2024 (quando era il 64%) che conferma come la nostra regione resti la vera porta d’ingresso d’Europa. Non solo per geografia, ma per necessità storica e drammatica attualità.

Complessivamente, da gennaio a luglio sono stati 36.547 gli arrivi sulle coste italiane, con un aumento del 9% rispetto allo stesso periodo del 2024. E se da un lato i numeri di luglio (6.487 arrivi) mostrano una lieve flessione rispetto a giugno (-8%), dall’altro l’IOM denuncia che sono già 947 le persone morte o disperse in mare nel 2025, di cui 662 lungo la rotta centrale. Il Mediterraneo continua a essere un cimitero liquido. Un’ecatombe silenziosa che non conosce tregua. La Libia si conferma il principale punto di partenza, con il 90% di tutti gli arrivi. Un dato che restituisce tutta la portata del caos libico e della debolezza strutturale degli accordi di contenimento promossi dall’Unione Europea. La Tunisia, che lo scorso anno rappresentava oltre un terzo degli arrivi, crolla al 7%. Un cambio che però non rappresenta un miglioramento, ma uno spostamento di flussi, come spesso avviene in questi scenari: quando si chiude una rotta, se ne apre un’altra, più lunga e più rischiosa. Pozzallo, Augusta, Porto Empedocle, Pantelleria e Portopalo continuano a essere tra i porti più coinvolti. Ma è Lampedusa — con le sue dimensioni ridotte e le risorse insufficienti — a reggere quasi da sola l’urto del fenomeno. Un’isola che accoglie, ma che chiede aiuto. Un presidio di civiltà lasciato troppo spesso da solo. Significativo anche l’aumento di minori non accompagnati: sono il 18% degli arrivi nei primi sette mesi del 2025 (erano il 14% nel 2024). Dietro queste percentuali ci sono adolescenti e bambini che hanno attraversato deserti, guerre, detenzioni, torture. Arrivano in Sicilia non per scelta, ma per disperazione. Infine, i dati dell’UNHCR segnalano un calo nel numero delle persone salvate dalle ONG: il 17% nel 2025 contro il 21% del 2024. Un dato che interpella la politica, troppo spesso concentrata nel criminalizzare le navi umanitarie piuttosto che affrontare le radici del problema.

La Sicilia, ancora una volta, è chiamata a essere frontiera e rifugio. Ma non può esserlo da sola. Serve una visione europea, una solidarietà reale, una politica migratoria che non si limiti a contare i numeri, ma che si interroghi sui volti. Perché Lampedusa non può essere solo il luogo in cui si approda. Deve diventare il simbolo di un’Europa che accoglie, e non respinge.