Rimpatrio migranti, anche tribunali siciliani annullano internamento in Albania
Il Tribunale di Palermo, dopo quelli di Catania, di Bologna e di Roma, ha annullato il trattenimento di migranti trasportati nei “centri di permanenza per il rimpatrio” situati in Albania.
I migranti risultano provenienti da un elenco di Paesi dichiarati sicuri dal recentissimo decreto legge 23 ottobre 2024, n. 158, di cui i giudici rilevano però l’invalidità, chiedendo che in merito si pronunci la CGUE, Corte di Giustizia Europea.
La questione pregiudiziale sollevata davanti alla CGUE ha lo scopo di arrivare ad una interpretazione uniforme a livello europeo e nazionale sul rimpatrio migranti, in modo da evitare l’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia, ed un ulteriore rallentamento delle attività dei nostri Tribunali.
Nelle motivazioni dei decreti dei tribunali si contesta la legittimità di dichiarare, con norma interna dello Stato italiano, “Paese sicuro” uno stato estero nel cui territorio vengono violate norme europee su diritti e sicurezza della popolazione, che debbono prevalere perché di rango superiore.
Più precisamente i giudici palermitani hanno sospeso, con due distinti provvedimenti, il giudizio di convalida del trattenimento di due migranti, un ghanese e un senegalese, disposto dal questore di Agrigento, in applicazione del decreto Cutro. La sezione immigrazione del Tribunale si è anche rivolta, ed è la prima volta che accade, alla Corte di Giustizia Europea. In attesa della decisione della Corte europea i due migranti sono tornati liberi. Nel caso del senegalese, il migrante ha presentato domanda di protezione internazionale a Porto Empedocle, il 4 novembre scorso. Nella stessa giornata il questore ha disposto il trattenimento dell’uomo. “La provenienza da un paese di origine sicuro non incide sull’accoglimento o meno della domanda di protezione internazionale – scrive il giudice – ma ha piuttosto conseguenze rilevanti sui tempi e sulle modalità con cui la domanda di protezione viene esaminata”.
Il decreto sui “Paesi sicuri” del 23 ottobre è stato approvato dal Cdm per uscire dall’impasse in cui il 18 ottobre i decreti del Tribunale di Roma hanno fatto precipitare il Memorandum con l’Albania sul rimpatrio migranti. La sezione per i diritti della persona e immigrazione del Tribunale di Roma, infatti, non ha convalidato i dodici trattenimenti nei confronti di altrettanti migranti, provenienti dal Bangladesh e dall’Egitto (non ritenuti dai giudici “Paesi sicuri”) e trasportati all’interno del centro italiano di permanenza per il rimpatrio migranti (Cpr) di Gjader, in Albania. Il trasporto è costato circa 20mila euro a migrante (i costi totali dell’operazione per lo Stato italiano si aggirano a quasi un miliardo in 5 anni). I migranti sono stati dunque riportati in Italia.
A questo punto il governo, per rimettere in carreggiata gli hotspot realizzati a Shengjin e Gjader ha ritenuto sufficiente inserire la lista dei Paesi sicuri in una norma primaria, il Decreto-Legge 23 ottobre 2024, n. 158 “Disposizioni urgenti in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale”.
Nonostante il decreto ”Paesi sicuri” n. 158/2024, il giudice della sezione Immigrazione del Tribunale di Catania il 4 novembre ha annullato il provvedimento di trattenimento, disposto dal questore di Ragusa, di un cittadino egiziano sbarcato in Sicilia. Arrivato a Pozzallo (Ragusa) il migrante ha chiesto lo status di rifugiato. Il suo è stato invece il primo provvedimento di trasferimento in Albania dopo l’approvazione del nuovo decreto legge sui Paesi sicuri. La richiesta del Questore era stata depositata lo scorso 2 novembre e notificata al legale del migrante, l’avvocata Rosa Emanuela Lo Faro.
In Egitto, scrive il giudice del Tribunale di Catania, ci sono “gravi violazioni dei diritti umani, che – in contrasto con il diritto europeo – persistono in maniera generale e costante e investono non solo ampie e indefinite categorie di persone, ma anche i nucleo stesso delle libertà fondamentali che connotano un ordinamento democratico e che dovrebbero costituire la cornice di riferimento in cui si inserisce la nozione di Paese Sicuro”.
Il giudice della sezione Immigrazione del Tribunale di Catania cita nel provvedimento lungo 12 pagine, la sentenza della Corte di giustizia europea che era stata emessa lo scorso 4 ottobre. Ecco cosa scrive il giudice: “I rischi di insicurezza che riguardino, in maniera stabile e ordinaria, intere e indeterminate categorie di persone portano de plano il decidente a negare che Egitto possa ritenersi paese sicuro alla luce del diritto dell’Ue e ciò per quanto si legge nelle argomentazioni della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 4 ottobre 2024, laddove in motivazione richiede che il paese per dirsi sicuro sia caratterizzato da una situazione ‘generale e costante’ di sicurezza”.
“Non resta che disapplicare ai fini della decisione il decreto-legge del 23 ottobre 2024, posto che, come è noto, le sentenze interpretative della Corte di giustizia europea vincolano il giudice nazionale anche se appartenente ad altro Stato membro rispetto a quello che ha proposto il rinvio pregiudiziale”. Lo scrive il giudice del Tribunale di Catania. “Né si impone la proposizione di un nuovo rinvio pregiudiziale, rinvio superfluo tutte le volte in cui la questione sollevata sia già stata decisa in via pregiudiziale in relazione ad analoga fattispecie ‘anche in mancanza di una stretta identità fra le materie del contendere'”.
Il giudice Luciana Sangiovanni, presidente della sezione immigrazione del Tribunale di Roma, ha emesso a sua volta un decreto di sospensione dell’efficacia del diniego posto dalla commissione territoriale riguardo la richiesta di asilo di un’altro dei migranti che erano stati trasferiti in Albania. Con questo atto in particolare, il giudice sospende il giudizio e rimette gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con richiesta di “trattazione urgente”.
“Non sfuggirà alla Corte la grave crisi istituzionale provocata in Italia dalle prime decisioni dei tribunali di non convalidare provvedimenti di trattenimento nelle procedure di frontiera, di cui si è avuta vasta eco non solo sui media italiani, ma anche su quelli europei e persino extra-europei e l’interesse con cui molti governi europei guardano all’ ‘esperimento’ italiano”.
“Le decisioni già adottate da alcuni tribunali italiani – si legge ancora nell’ordinanza – sulle quali a tutt’oggi non è intervenuta alcuna pronuncia di legittimità o di costituzionalità, hanno rivelato aspetti critici di tale ‘esperimento’ e ne hanno minato l’operatività”. Sentenze che, sottolinea Sangiovanni, “sono state fortemente criticate dal governo tanto da suggerire l’adozione del decreto legge 158/2024, il cui contenuto innovativo è però anch’esso oggetto di quesiti pregiudiziali”. La stessa sezione immigrazione del tribunale di Roma solo poche settimane fa non aveva convalidato il trattenimento di dodici migranti nel centro italiano in Albania. Un atto a cui ha fatto seguito pochi giorni dopo il decreto legge del governo.
Nell’ordinanza, il magistrato romano chiede fra l’altro alla Corte europea di stabilire “se il diritto dell’Unione (…) osti a che un legislatore nazionale, competente a consentire la formazione di elenchi di Paesi di origine sicuri ed a disciplinare i criteri da seguire e le fonti da utilizzare a tal fine, proceda anche a designare direttamente, con atto legislativo primario, uno Stato terzo come Paese di origine sicuro”.
La raffica di sentenze di illegittimità fa esplodere la reazione della maggioranza Meloni.
Fonti di governo non nascondono “la rabbia” per il nuovo stop arrivato stavolta da un giudice di Catania che non ha convalidato il trattenimento di un migrante arrivato dall’Egitto, in barba al dl varato dal governo lo scorso 21 ottobre per blindare la lista dei Paesi considerati, giustappunto, sicuri, Cairo compreso. “Una scelta politica che non spetta ai giudici“, la convinzione che rimbalza nel governo.
Il modello Albania “va avanti con ancor più convinzione”. Nessuno stop, dunque, “anche perché quel che sta accadendo conferma quel che sostenevamo sin dal principio: il problema non è il Memorandum firmato con Tirana, il problema vero è che, stando alle pronunce di alcuni giudici, i rimpatri non avrebbero più ragione d’essere, dovremmo tenerci tutti gli irregolari in Italia. E così non può andare…”.
Tuona Matteo Salvini: “Per colpa di alcuni giudici comunisti che non applicano le leggi, il Paese insicuro ormai è l’Italia. Ma noi non ci arrendiamo”, promette battaglia il leader della Lega. E non è l’unico nelle file della maggioranza. Perché nel governo si rafforza la convinzione di tirare dritto, nonostante il modello Albania al momento arranchi, con i due hotspot battenti bandiera italiana al momento vuoti. E i due esposti targati M5S e Iv sul tavolo della Corte dei Conti per danno erariale.
“Arrendersi vorrebbe dire sostenere non solo che il modello Albania è sbagliato quando è destinato a diventare un modello in Europa – si dicono convinte le fonti governative ad Adnkronos – ma rinunciare al meccanismo dei rimpatri tout court. E allora dovremmo rendere conto in Europa del perché non tuteliamo i nostri confini, che sono confini europei”.
“Ancora una volta, una precisa parte della magistratura sembra voler svolgere il ruolo di opposizione politica al governo Meloni ponendosi come unico obiettivo quello di ostacolare ogni azione volta a contrastare l’immigrazione illegale di massa”. Lo dichiara la vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati Elisabetta Gardini.
“La recente decisione dei giudici del Tribunale di Catania – spiega – appare chiaramente ideologizzata, rendendo complessi, se non impossibili, i rimpatri di chi entra illegalmente sul territorio italiano. È inaccettabile che certi giudici si arroghino il diritto di azzerare il Parlamento delle sue funzioni, interferendo in modo pericoloso con il processo democratico. Non è la prima volta che una simile ingerenza si manifesta, con sentenze che sembrano voler indirizzare le scelte politiche facendo un uso improprio del richiamo al diritto europeo”. “Fratelli d’Italia pretende che la sovranità del Parlamento, come legittimo rappresentante della volontà popolare, sia tutelata e rispettata”, conclude Gardini.
“Ci risiamo. Il Tribunale di Catania nel provvedimento con cui non ha convalidato il trattenimento disposto dal questore di Ragusa di un migrante arrivato dall’Egitto, che a Pozzallo ha chiesto lo status di rifugiato, si schiera politicamente con la sinistra e contravviene all’orientamento del governo sul tema rimpatri. Si tratta di giudici ideologizzati che vorrebbero impedire ogni contrasto all’immigrazione illegale di massa e alla possibilità di rimpatriare chi entra illegalmente in Italia. E questo asserendo che sarebbe il imposto da una norma europea, che però non impedisce alla Svezia di rimpatriare iracheni, alla Germania di rimandare ai migranti in Afghanistan e all’Olanda di rispedire siriani a casa. Il governo Meloni è determinato ad andare avanti su questo fronte. L’immigrazione illegale di massa è qualcosa che va combattuto con determinazione ”. Lo dichiara in una nota Lucio Malan, presidente dei senatori di Fratelli d’Italia.
Tuonano a loro volta le opposizioni. ”E’ una vergogna che si utilizzino i soldi degli italiani non per dare lavoro ai giovani, non far fuggire gli italiani dal Sud o non tenere i poliziotti italiani nelle stazioni italiane ma per metterli in Albania, senza alcuna logica, a vigilare 800 migranti quando ce ne arrivano 160mila”, ha detto Matteo Renzi la scorsa settimana, nel corso di un’intervista televisiva a Euronews Albania.
“L’accordo con l’Albania continua a far danni. Alle violazioni dei diritti umani di un’operazione che la giustizia ha già bollato come illegittima si aggiunge ancora l’enorme spreco di denaro proprio mentre il governo arranca con una manovra recessiva che non garantisce i servizi essenziali, primo fra tutti la sanità pubblica”. Lo dice Elly Schlein. “È uno scandalo, perpetuato anche ai danni dei cittadini italiani. Giorgia Meloni brucia altri milioni di soldi pubblici per ospitare nei resort albanesi le forze dell’ordine italiane. Agenti che sarebbero molto più utili in Italia, dove invece non sono messi nelle condizioni migliori per fare il loro lavoro”.
Pochi giorni prima Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 stelle, ospite a ‘DiMartedì’, su La7, da Giovanni Floris aveva detto: “Non possiamo consentire a Meloni di distrarci tutto con lo spot albanese. L’abbiamo detto dall’inizio: sono oltre 800 milioni buttati che potevano essere recuperati per la sanità. I migranti che possono essere portati in Albania sono solo quelli che vengono soccorsi in acque internazionali, non quelli che sbarcano in Italia, come prima cosa. Come seconda: lo abbiamo capito tutti che se stanno in Albania un mese, poi li dobbiamo portare obbligatoriamente in Italia?”, ha aggiunto.
“Due sono le ipotesi: o hanno diritto alla protezione internazionale, e l’asilo glielo dobbiamo dare, o non ne hanno diritto, e ritorniamo al problema atavico dei rimpatri: questa è tutta una messa in scena”, ha concluso Conte. La parola passa alla Corte di Giustizia Europea.